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venerdì 28 agosto 2015

Taglia e cuci di Marjane Satrapi


Taglia e cuci, la disciplina olimpica prediletta dalle donne, è il titolo della nuovissima graphic novel di Marjane Satrapi, autrice e disegnatrice che io amo. Conosciuta per Persepolis, dal quale è stato tratto anche l'omonimo cartoon.

Se le tematiche di Persepolis potevano urtare lo spettatore a causa delle divergenze culturali e della difficoltà che gli occidentali hanno nel momento in cui cercano di comprendere la cultura mediorientale, ma anche a causa dei rischi corsi dalla stessa autrice per aver cercato di non nascondere il suo pensiero, con Taglia e cuci ci troviamo in tutt'altro ambiente.

La storia infatti è estremamente leggera e racconta una parte di cultura araba che si avvicina moltissimo a quella occidentale, il cosiddetto tè delle donne, quel momento durante il quale le donne della famiglia si incontrano e condividono problematiche quotidiane, legate alla casa, al marito e ai figli.

Si parla di rapporti sessuali, di donne che si pentono di non essere arrivate vergini al matrimonio e che temono repressioni da parte dello sposo nel momento in cui lo scoprirà. Marjane non ha paura di raccontare il dietro le quinte un po' anche "a luci rosse" della cultura araba. Una scelta a mio parere molto intelligente perché in questo modo l'autrice ci fa percepire che sotto quei veli che celano i volti si nascondono donne come noi.

Mi fa sorridere il pensiero che una scrittrice di Teheran, che si era rifugiata a Vienna per scappare dal regime degli Ayatollah e che ora abita in Francia, proprio quella Francia dilaniata oggi dagli attentati, non ha paura di raccontare senza veli le vicende delle famiglie arabe, nell'ottica proprio di dire che alla fine siamo tutti uomini e tutti donne con gli stessi problemi. 

C'è l'amore, il matrimonio combinato, il divorzio, il marito che ha l'amante... La spontaneità di Marjane è incredibile e a tratti viene da esclamare: "Che coraggio!"
Ebbene, ci vuole coraggio anche in questo. Molto coraggio.


Se il genere può interessarvi, vi consiglio di leggere anche Il Caffè delle donne di Widad Tamimi e di guardare il film Donne senza uomini di Shirin Neshat.

lunedì 17 agosto 2015

Alta fedeltà di Nick Hornby

Ogni anno all’inizio dell’anno è bello, per gli amanti della lettura, immaginare con quale autore si vuole scrivere il nuovo anno, quali libri decideremo di leggere, quali avventure letterarie segneranno questi nuovi 365 giorni.
A gennaio mi ero detto: sarà l’anno di Nick Hornby!
Poi l’anno è partito con un sacco di carne al fuoco, con un Nick Hornby sul comodino (Funny Girl), un trasloco da Torino verso casa, un colloquio per uno stage, un master da iniziare..insomma un sacco di cose che mi hanno fatto rallentare la lettura. Funny Girl l'ho terminato (come avrai notato da questo blog), ma ancora Hornby non mi aveva convinto. 

A metà anno poi arriva la cara e vecchia ESTATE che ti permette di recuperare quel tempo perduto, perché anche se lavori, i ritmi si rallentano con le ferie a farne da padrone.
Quindi Hornby è tornato a bussare prepotentemente alla mia porta e questa volta lo ha fatto con il suo primo libro: Alta fedeltà.
Emozioni e dipendenza.
Un libro che all’inizio non si capisce dove vuole andare a parare, poi lentamente ti cattura nelle sue righe e non puoi lasciare la vicenda di Rob e Laura fino a quando non vedrai comparire l’ultima pagina.
Per essere nel mood del protagonista, direi che potrei inserirlo nella classifica dei miei libri preferiti, i primi cinque, forse i primi dieci. È difficile scegliere. Ecco, forse non sono proprio nel mood del protagonista! 

Sicuramente leggendo Alta Fedeltà mi è capitata una cosa che non mi succedeva da tempo con un libro, è imbarazzante, ma forse l'ultimo è stato Harry Potter. Insomma: mi è venuta voglia di rileggerlo, per carpire (esatto carpire!) le riflessioni di Rob e le sue liste musicali e non.

Il libro inizia con una lista delle ex di Rob. Alla fine della sua relazione con Laura, Rob ripercorre le sue vicende amorose e la sua vita, si analizza a suo modo e tra un LP e l’altro, serate in compagnia dei colleghi e giornate nel suo negozio di dischi, diventa adulto.
Ci sono i dischi sbagliati, i cantanti sbagliati, le relazioni sbagliate, che però fanno tutti egualmente parte della vita, perché si sa che la vita non è fatta solo di scelte giuste e spesso bisogna fermarsi e guardarsi indietro, proprio come fa Rob, per rileggere quei segnali, riascoltare quei dischi che ti faranno capire come andare avanti a scrivere.

Un libro che ha anche una colonna sonora, che mi sono proposta di creare su Spotify, ma poi ho scoperto che…qualcuno l’aveva già fatta prima di me. Perché Hornby è un’istituzione, Fra, non dimenticarlo!

L’ambientazione è ovviamente londinese, siamo negli anni 90 e quindi si parla ancora di cassette e vinili, i cd rientrano ancora nel mondo della fantascienza. 

Puoi creare la tua compilation per la persona a cui vuoi bene, una selezione di canzoni che servono a educare all’ascolto, per scartare quei cantanti “imbarazzanti”, che Rob fucilerebbe volentieri se avvenisse la rivoluzione musicale: Simple Minds, Michel Bolton, U2, Bryan Adam, Genesis.
Devo ammettere che quest’affermazione mi ha sconcertato parecchio, sì perché Alta Fedeltà mi ha fatto capire, anzi ha semplicemente confermato quanto già sapevo: di musica non so proprio nulla! Mi chiedo se avrebbe ugualmente fucilato i Muse e cosa potrebbe pensare Rob di tutti questi talent come X Factor e The Voice e tutti i cantanti sgallettanti che partoriscono annualmente?

Un libro…mille riflessioni. Ecco perché voglio rileggerlo, perché sono certa che ne genererà altre duemila e sono convinta anche che questo sia uno di quei libri che: più li leggi e più li apprezzi e cogli delle sfumature che prima non avevi notato.

Certo, non è Kundera, ma Hornby ha il pregio degli scrittori inglesi (che io amo!): riesce a raccontare la vita senza paura, senza filtri, rende interessante la quotidianità e come il tanto citato (da queste parti) David Nichols, i suoi personaggi sono veri. Ho chiuso il libro e mi è venuta voglia di andare a Londra a cercare il negozio di dischi di Rob, per parlare con lui e farmi dare dei consigli musicali. Per capire cosa devo ascoltare e come posso migliorare i miei gusti in materia.


Adoro i libri che non si fermano sulla carta, quelli che di fatto non riesci mai a chiudere perché una parte di essi vivrà sempre con te. Grazie Nick

martedì 23 giugno 2015

Il diavolo veste Zara di Mia Valenti


Se per ricaricare le energie ti bastano un divano e il dvd (o blu ray) de Il diavolo veste Prada, questo è il post che fa per te. Se invece preferisci un barattolo di Nutella nel quale affogare i tuoi dispiaceri, beh questo post fa ugualmente al caso tuo! Se sei una persona che vorrebbe dare spazio ai tuoi sogni, senza sentirsi dire da tutti: "In quel campo non avrai mai un futuro!", sei nel posto giusto.

Andiamo per gradi.

Il primo libro che ho letto di Sara Lorenzini era 45mq la misura di un sogno. Un libro piacevole, divertente, brillante che a suo tempo avevo gradito, che ben raccontava la storia dei "trentenni fuorisede che fanno i conti con i mq dell'appartamento" ma anche un po' di più.
Qualche mese fa è uscito il secondo libro di Sara Lorenzini, scritto sotto lo pseudonimo Mia Valenti, intitolato Il diavolo veste Zara, che ho scaricato immediatamente dallo store di Amazon.

E' inevitabile domandarsi subito: ma è la brutta copia italiana del ben più celebre libro della Weisberger, Il diavolo veste Prada? Un momento.

Il mondo di Andy de Il diavolo veste Prada è sicuramente presente nel libro della Lorenzini, viene più volte nominato, anche se la protagonista Mia, non apprezza la scelta finale di Andy che decide di abbandonare il posto di assistente di Miranda. Mia ama la moda, crede nel suo sogno e vuole realizzarlo. 

Il libro di Sara vuole raccontarci una storia a lieto fine, la storia di una ragazza di 27 anni che riesce a realizzare il suo sogno, lo insegue con la giusta dose di paura che tutti hanno quando si tratta di fare i grandi salti della vita.

Mia è molto motivata, sa di valere qualcosa e grazie all'aiuto del suo nuovo ragazzo, Francesco, capirà che l'uomo è artefice del proprio destino, Homo faber ipsius fortunae, e fa quasi sorridere il fatto che questa storia è ambientata a Firenze, culla di uomini che hanno cambiato il proprio destino e quello dell'Italia grazie alle proprie abilità artistiche e letterarie.

Il diavolo veste Zara vuole essere una parabola ottimista, una specie di augurio di buon anno (è infatti uscito a gennaio!) per quanti sono in cerca del proprio destino, per quanti sono in cammino verso quella meta che sembra sempre più distante e difficile da raggiungere: la propria felicità.

In un mondo del lavoro dove l'ultimo arrivato, il giovincello sono carne fresca da macello, da sfruttare e spremere fino all'osso, Sara Lorenzini vuole farci capire che cambiare si può, basta crederci. Certo, dall'altra parte servono dei "piani alti" capaci di ascoltare, amministratori delegati come quello della Luci.di, che sanno che l'azienda deve essere svecchiata, perché solo così si potrà andare avanti.

In Italia servono persone Luci.dE, che sappiano togliersi le fette di prosciutto davanti agli occhi, che sappiano guardare al futuro tenendo ben presente anche il passato, che sappiano valorizzare i giovani, senza paura che siano pronti a rubare il posto. 

Mia sostituirà Veronique, ma il suo non è un colpo di stato basato sull'antipatia, Mia ama il settore della moda, ama la maison Luci.di, ma si rende conto che Veronique non è capace di leggere le esigenze dei giovani, la ammira per quello che ha fatto ma crede sia tempo di lasciare spazio ai giovani. 
Quegli stessi giovani 2.0, appiccicati ai cellulari, fanatici delle app e dei grandi magazini, delle marche low cost e della moda per tutto.

Sara Lorenzini riesce con Il diavolo veste Zara a raccontare uno spaccato della nostra Italia molto chiaro e realistico. Questa scrittrice riesce davvero a dar voce ai giovani, perché è giovane anche lei, non è la cinquantenne che racconta dei ventenni. Il suo sguardo ha ben chiaro la situazione di precarietà in cui molti ragazzi vivono e alla quale devono adeguarsi. Poi c'è sempre l'estero ad attenderci, ma questo è un altro discorso.

Non saprei se augurarmi un seguito di questo libro, sarebbe bello seguire le avventure di Mia, ma secondo il mio modestissimo parere, Il diavolo veste Zara è bello perché un augurio, un pensiero positivo che personalmente vorrei regalare a tutte le mie amiche in questo momento, perché la speranza non si spenga mai! 
Un ottimo regalo per augurare buon anno alle persone alle quali volete bene!


giovedì 18 giugno 2015

Cielo di Sabbia di Joe R. Lansdale: recensione!


Sabbia e cavallette, sono queste le cose che accolgono il lettore quando inizia a leggere Cielo di sabbia di Joe R. Lansdale.
Il romanzo comincia in Oklaoma, in un periodo storico molto importante per il mondo intero: siamo nel pieno della Grande Depressione, la gente è divenuta povera, le banche sistanno mangiando tutto e quello che non divorano loro finisce in pasto alle cavallette. Jack, il protagonista del romanzo si ritrova improvvisamente solo al mondo, in una grande fattoria in mezzo a una tempesta di sabbia. Dopo aver sepolto i suoi genitori la sua vita cambia radicalmente, proprio quel vento folle che si abbatte sulle terre dell'Oklaoma gli restituirà due volti noti: Jane e suo fratello Tony con i quali comincia una grande avventura ricca di incontri pericolosi, gangster e scorribande sui treni.
Jack, Jane e Tony sono quegli orfani della Grande Depressione, orfani che il cinema americano ha raccontato in film come Wild Boys of the road di William Wellman, che attualmente esiste solo in lingua originale, ma che se riuscite a reperirlo è sicuramente molto interessante perché restituisce uno spaccato chiaro e realistico di questo periodo storico.
Joe R. Lansdale sceglie di raccontare questa storia partendo da fatti veri, storie che gli sono state regalate da diverse persone che le hanno vissute in prima persona. La voce narrante è quella di Jack, è lui che ci accompagna nel suo mondo, che ci racconta il suo vissuto senza alcun filtro. Le gioie e i dolori vengono descritti allo stesso modo, sono numerose le morti raccontate nel libro, avvenimenti che dovrebbero turbare un comune bambino, ma i ragazzi di Cielo di sabbia sono piccoli uomini e piccole donne che guidano e si atteggiano già da grandi, non lo fanno per gioco! E' la vita che li ha portati a fare delle scelte chiare, è la vita che li ha costretti a seppellire i genitori, rubare un auto, scappare con solo delle scatolette di carne nella sacca. La loro fanciullezza emerge quando possono spendere quei pochi spiccioli per comprarsi una Cocacola alla stazione di servizio.
Connessioni cinematografiche:
- Wild boys of the road - William Wellman 1933
- Strada sbarrata - William Wyler 1937
- Angeli con la faccia sporca - William Wellman 1938

mercoledì 17 giugno 2015

Qualcosa di vero di Barbara Fiorio: recensione!


Quando ho visto per la prima volta la copertina di questo libro, Qualcosa di vero di Barbara Fiorio,  sono subito rimasta molto colpita dalla foto di questa persona vestita da funghetto. Bianco e rosso, due colori tra loro nettamente in contrasto, ma che ben si sposano abbinati. Restava però il fatto del funghetto che ricorda un po' i funghi allucinogeni, quelli che ti dicono di non mangiare, ma nelle fiabe Disney, questo costume ricorda il tipico funghetto.

Insomma: una copertina che da sola merita un'analisi accurata! E per fortuna che i libri non si giudicano dalla copertina, eppure in quel funghetto a parere mio c'è tutta l'essenza della storia di Barbara Fiorio.
Non ci credete?
Seguite il mio ragionamento.

La storia che ci regala Barbara Fiorio con il suo nuovo libro: Qualcosa di vero, ci porta nel mondo della pubblicità dove troviamo Giulia, pubblicitaria di successo e il suo collega Lorenzo. Giulia una sera conosce la figlia della sua vicina di casa, che trova fuori sul pianerottolo addormentata: è la piccola Rebecca che, scopriamo, è una grande fagocitatrice di storie.

La piccola Rebecca ogni sera è a casa da sola perché la madre lavora e Giulia diventa di nascosto la sua "Racconta storie": tre colpetti contro il muro, la porta dell'appartamento accostata e Giulia entra nell'appartamento di Rebecca. 
Ma Rebecca non è una bambina come tutte le altre, è estremamente curiosa e Giulia, che non è abituata a rapportarsi con i bambini, inizia a raccontarle ogni sera una nuova fiaba, ma non come quelle che la Disney ci ha insegnato, racconta le storie vere, quelle dei Grimm, dove non ci sono buoni e cattivi, dove i principi sono cretini e le principesse sono sciocche e sprovvedute. 

Le fiabe di Giulia rapiscono Rebecca che inizia a raccontarle ai suoi compagni di scuola, in particolare all'amico Daniele. Queste storie estremamente crude però non sono apprezzate da tutti nella scuola, in particolare la Gilda del Cerchietto non le approva, anzi! E questo le procurerà non pochi problemi con la preside.

Giulia, grazie all'incontro con Rebecca, riscopre il significato dell'amore e proprio questa bambina riuscirà a metterla faccia a faccia con i suoi veri sentimenti, che per troppo tempo ha tenuto nascosti per favorire il lavoro e la carriera.

Rebecca è una novenne eppure nella sua ingenuità di bambina riesce a comunicare con il mondo degli adulti e dimostra di saper offrire quelle soluzioni che spesso solo la schiettezza e la purezza di un bambino riesce a vedere ben chiare.

Tra Gilde del cerchietto, draghi volanti e fiabe, Giulia viene a conoscenza della storia della mamma di Rebecca, Anna, una donna in fuga dal marito violento che cerca di proteggere se stessa e la figlia da un uomo che non la ama e non l'ha mai amata.

Qualcosa di vero è proprio come quel funghetto in copertina, da bambine ci raccontano le fiabe che rischiano di darci un'immagine travisata della realtà, ci insegnano che gli uomini sono dei principi, ma in realtà non lo sono e i Grimm lo sanno bene, ma facciamo fatica ad ammetterlo perché siamo sotto l'influsso delle "allucinazioni", cerchiamo di vedere la realtà con uno sguardo velato, che ci dice che le cose possono cambiare, ma il messaggio di Barbara Fiorio è molto chiaro: se un uomo inizia a colpirti, la situazione può solo degenerare, non migliorare.

Freddezza e realismo, ma non distacco e generalismo. L'amore esiste e viene ribadito in più punti del libro, bisogna soltanto cercarlo, uomini e donne, devono cercarlo e rispettarlo, costruirlo giorno per giorno e non scappare da lui. 

Pensavo che Qualcosa di vero fosse solo una storia di una bambina qualsiasi e di una pubblicitaria, sono rimasta piacevolmente colpita dalla freschezza e dall'originalità di questo libro, soprattutto dalla sua profondità, Vi porterà a pensare molto, ma non posso far altro che consigliarvelo perché i libri così devono essere letti. 

Un'ultima parola sulle fiabe: non sono contro la rilettura Disney, ma sono fermamente convinta che bisogna ricordare ai bambini che quelle sono storie e sono distanti dalla realtà, purtroppo...o per fortuna, tutto dipende da quello che gli insegniamo! 

lunedì 15 giugno 2015

Ever, ever...AFTER! Delle fanfiction e della letteratura.

Io le scrivevo le fanfiction. Ebbene, lo ammetto. In attesa del quinto libro di Harry Potter mi ero iscritta a una specie di forum che si chiamava "Lo scrigno di Silente", avevo inserito ben due ipotetici quinto libro di Harry Potter. Nella prima fanfiction avevo ipotizzato l'esistenza di una figlia di Sirius Black, Alissa docente di Difesa contro le arti oscure a Horwarts, della stessa età di Harry Potter, ma diventata docente perché estremamente geniale e superiore a tutti per intelligenza. Personaggio esagerato e estremamente sopra le righe, ho ritentato con una seconda fanfiction dove Sirius aveva due figlie gemelle: Alissa e Amanda. Ovviamente la prima era a Grifondoro, la seconda a Serpeverde. Insomma, ne ho inventate di ogni e ai tempi avevo anche stampato una copia della prima storia da regalare alla mia migliore amica, così poteva leggerla durante il suo viaggio in Inghilterra.
Queste cose forse potrebbero essere definite: BANALI nel 2015, eppure la settimana scorsa mentre ascoltavo Pinocchio su Radio Deejay (con la Pina e Diego dalle 6...) sono rimasta incuriosita dalla presenza di un'autrice americana, tale Anna Todd, autrice di After, caso editoriale dell'anno e altri bla, bla, bla. 



Caso editoriale dell'anno?
Sentiamo un po' cosa raccontano.
Ebbene, molti di voi sanno già dove voglio andare a finire, altri si staranno chiedendo il perché di questo mio volo pindarico, ma ci sto arrivando. 
After è praticamente il frutto di una fanfiction, una storia scritta sul cellulare mentre l'autrice era in coda alla posta, con tutti gli errori che si possono fare quando si digita su uno smartphone.

Un nuovo stile di scrittura?
Certo le tecnologie ci hanno insegnato a scrivere dove meglio crediamo, ci danno la possibilità di chiacchierare con i nostri amici mentre siamo nei luoghi più disparati della terra o nelle situazioni più imbarazzanti (fanciulle, alzi la mano chi non ha mai messaggiato mentre era dall'estetista a fare la ceretta!), ma il problema è la qualità della scrittura.
Se sono dall'estetista a fare la ceretta al massimo posso parlare di cavolate con l'amica, di certo non mi metto a fare un'analisi della Critica della ragion pura, così come quando sono in Posta al massimo posso appuntarmi qualche scena o magari qualche descrizione di personaggio traendo anche spunto dalla fauna presente intorno a me. 
Scrivere un romanzo mentre si è in coda per pagare la bolletta della luce è davvero complesso, complimenti quindi ad Anna Todd se ci è riuscita. 

Ma avrà riletto prima di postare?
La mia maestra diceva sempre: "Rileggete prima di consegnare!" Anna avrà riletto il suo elaborato?
Dubito. Come puoi rileggere un episodio che scrivi di getto sul cellulare? Non lo rileggi e quindi chiedi, come ha fatto proprio Anna, la clemenza ai tuoi lettori. Scrivo da uno smartphone, sapete che il touch non è proprio il massimo per scrivere papiri. 

Ma questa modernità ci aggrada?
Quando è nata la stampa a caratteri mobili, nel mondo si è generato il disagio. La morte della cultura. Sicuramente la macchina da scrivere non sarà stata accolta con grande entusiasmo e nemmeno i pc all'inizio. Invenzioni nate per semplificare la vita dell'uomo ma che a volte rischiano di far perdere il significato delle cose. 
Sono molti gli scrittori che si sono dotati di Ipad oltre al pc, per scrivere in viaggio, per scrivere in bagno, per scrivere ovunque, eppure il caro e vecchio taccuino, nel mio caso la Moleskine, non può morire. La gioia di scrivere a mano, la bellezza di riempire di lettere un foglio bianco...che cosa vintage. Eppure molti scrittori preferiscono scrivere a mano per insegnare al cervello a rallentare, per fissare meglio le cose. 

Insomma come mi schiero con questa fanfiction?
Prima di tutto ci tengo a precisare che io sono pro fanfiction, perché sono una forma di scrittura carina e secondo me dovrebbero essere utilizzate anche nelle scuole perché se ben fatte, ti obbligano a studiare il personaggio che vuoi utilizzare come protagonista. In quanto fanfiction partono da cose che già esistono e quindi ci si deve mettere nei panni di qualcosa di già pronto, cercando di farlo diventare nostro. Pensate a una fanfiction su Dracula o sui Malavoglia o su Mattia Pascal...che meraviglia sarebbe. 
E invece la Todd ci scrive un fanfiction sul cantante degli One Direction. Carina pure questa come idea, a parte che non è Bono degli U2, ma il problema, il quid che mi blocca è la questione: scritta con il cellulare mentre ero in coda alle poste. Sono vecchia, lo so, ma queste forme di scrittura non mi "aggradano" più di tanto. 
Detto questo, sicuramente mi scaricherò l'estratto su Kindle perché sono curiosa di leggerla. Una volta trasformata in libro la fanfiction è stata epurata dagli errori, quindi non leggeremo cose tipo "pwrché" oppure "premdi ol larre" ecco.

E voi cosa ne pensate delle fanfiction? Leggerete After?
Fatemi sapere! 

martedì 9 giugno 2015

Dimmi che credi al destino di Luca Bianchini: recensione!


Il destino, questo sconosciuto, questo scrittore delle nostre vite che spesso ci ruba il ruolo di protagonista, che ci porta a compiere delle scelte, a metterci in discussione e spesso a tornare sui nostri passi. Il destino, questo sconosciuto, è quel sottile e forte filo rosso che percorre tutto il nuovo libro di Luca Bianchini, Dimmi che credi al destino, che racconta la storia di Ornella, libraia italiana ma che lavora in una libreria londinese.

Il nuovo libro di Luca Bianchini rappresenta un viaggio alla scoperta delle vite di Ornella e Diego e dei loro destini che tornano e li tormentano e che spesso li riportano con i piedi per terra e gli fanno mettere in discussione le loro vite.

Ornella ha una libreria a Londra e un'amica fantastica a Milano, la Patty, editor presso una casa editrice, è sempre pronta a saltare sul primo aereo per Londra per correre in soccorso all'amica. Le due donne hanno un legame molto forte tra loro, frutto di un passato comune che Bianchini non ci svela subito, ma che tiene lì, nascosto dietro l'angolo, pronto a sfoderarlo quando il lettore non se lo aspetta.

Luca Bianchini è riuscito a stupirmi quando ho scoperto il passato di queste donne, non avrei mai immaginato cosa aveva tormentato le loro vite quando erano più giovani e soprattutto quale storia si celava dietro la relazione di Ornella con il marito Axel. 

Diego, dall'altro lato della medaglia, è un uomo che deve fare i conti con la sua sessualità. Fuggito a Londra per scappare da Carmine, si ritrova nella City a fare il barbiere, mestiere tipicamente italiano, ma che non lo aiuta a cancellare quell'uomo dalla sua storia. Carmine è fidanzato, eppure ha dimostrato di essere interessato a lui...o forse era solo un gioco di una notte?

E poi c'è Clara, che lavora nella libreria di Ornella e sembra l'unica a capire realmente gli Inglesi, eppure nessuno sembra disposto a capire lei, un personaggio molto ambiguo che addirittura si inventa un gatto inesistente per avere sempre delle scuse nuove da snocciolare con amici e colleghi.

In Dimmi che credi al destino ognuno deve trovare la sua strada nella vita e per farlo deve fare i conti con i fantasmi del passato, che, fino a quando non sono definitivamente sconfitti, tornano e ti tormentano, siano essi un marito morente o uno pseudo amante.

A far cornice alle vite dei nostri protagonisti oltre alla bellissima città di Londra, dove ogni cosa, ogni angolo, ogni scorcio ti rapisce, c'è la libreria che rischia di chiudere. Un angolo di Italia che ha bisogno di essere rivitalizzato, di trovare anche lui il suo perché nel mondo.

Fondamentali poi per Ornella sono due figure maschili: Mr. George, l'amico della panchina, inglese fino al midollo, parla molto bene l'italiano ed è un amico fidato e consigliere di Ornella, accanto a lui c'è il vicino di casa di Ornella, un uomo che la osserva da tempo e che forse merita un po' più di considerazione. 

La storia che ci regala Luca Bianchini ha il pregio di lasciarti incollato al libro dalla prima all'ultima pagina, perché è impossibile non affezionarsi ai personaggi, così estremamente veri, dovuto anche al fatto che il libro parte da vicende vere, che l'autore ha un po' romanzato, ma solo un pochettino. 

La libreria londinese esiste veramente e rischia davvero di chiudere, perché lo stabile dove si trova rischia di essere abbattuto e salvare una libreria oggi è difficile, perché si sa, ormai nel mondo digitale: cosa ce ne facciamo dei libri di carta? 

Ce la farà Ornella a salvare la libreria? Nel libro una risposta c'è, nella vita reale ce lo auguriamo vivamente!

lunedì 8 giugno 2015

L'illusione della separatezza di Simon Van Body

illusione_separatezz
Avete mai detto a qualcuno: consigliami un libro!
Io sì e anche spesso. Il fatto che io abbia blog di libri e altro non significa avere sempre la storia giusta al momento giusto, spesso succede che inizio un libro e lo trascino per mesi rischiando anche di abbandonarlo, altre volte inizio quello giusto e riesco a divorarlo in pochi giorni, nonostante tutti gli impegni della giornata.
Ho una lista di libri che vorrei leggere, ma a volte è difficile trovare in mezzo a questi quello giusto, quindi...quindi chiedi aiuto a chi ne sa più di te. Ti fiondi su Google, su Amazon, entri in libreria, spulci le novità, spulci i libri dei "nomi grossi", autori più piccini...oppure: chiedi a un amico-lettore fidato.
Il modo in cui sono entrata in contatto con L'illusione della separatezza di Simon Van Boy ed. Neri Pozza è proprio questo: un consiglio da un'amica. Un consiglio che definirei prezioso.
Molto probabilmente non mi sarei mai avvicinata di mia spontanea volontà alla lettura di questo libro, troppo spesso mi blocco di fronte alle copertine e in questo caso temevo di avere davanti a me il classico amore tormentato della giovane donna che ha il fidanzato al fronte. La copertina racconta questo e di fatto anche il libro se vogliamo, ma forse anche no.
Raccontare di cosa parla questo libro è complesso, recensirlo ancora di più.
La prima cosa che colpisce in L'illusione della separatezza è la struttura, ogni capitolo un personaggio, nomi diversi, anni diversi, luoghi della terra differenti. Tante piccole perle che vengono date al lettore che all'inizio fatica a capire che cosa deve fare con tutte quelle storie. Le vicende sono molto distanti tra loro, America, Francia, Inghilterra, per metà libro ci troviamo a spasso per il mondo e conosciamo Hugo, Martin, John...ma chi sono? E soprattutto dove vuole andare a finire Van Booy con questa storia?
Ammetto che prima di arrivare a pagina 90 circa mi sono sentita un po' spiazzata, la mia amica-lettrice mi aveva detto che era un libro imperdibile, di estrema bellezza.
Poi mi sono innamorata.
Dei personaggi, della storia e, cercando di capire se avevo capito l'intento di Van Booy, mi sono catapultata nella lettura e nel giro di poche ore l'ho terminato. E quando arrivi alla fine il cerchio si chiude, come in un puzzle ogni tessera ritrova il suo posto e quindi capisci i personaggi principali, quelli intermedi che sono di fatto degli anelli più piccoli...e alla fine ti ritrovi con una vera collana di perle.
Chiudi il libro, anzi no...non lo chiudi perché non puoi! Torni alla prima pagina, a Los Angeles, al 2010 e a Martin dove tutto è cominciato e ti dai della stupida per non esserti abbandonata subito allo splendore di questo libro, rimani attonita perché ti rendi conto di avere in mano qualcosa di unico e poi, nel mio caso, vorresti stringere la mano e ringraziare subito chi te l'ha consigliato. Ma, sempre nel mio caso, la persona in questione abita un po' di km lontano da te e soprattutto è l'una di notte passata e non sta bene scrivere a quell'ora alle persone.
So di non aver raccontato la storia, ma ho paura di svelarvi troppo. Posso solo dirvi che tutto comincia con Martin e da lì in avanti sedetevi comodi al divano con una bella tazza di tè e preparatevi a conoscere molte altre persone, a farle parlare nel loro turno, al momento giusto. Ascoltate i dettagli, memorizzate i nomi e i gesti e lasciatevi sorprendere.
Come recita la frase di Time Out, questo libro ci fa sentire connessi con l'universo.
Ho apprezzato questo libro perché risponde anche a uno dei miei tanti "perché", ossia la collocazione del singolo individuo all'interno della narrazione del mondo, quella storia immensa che è scritta nelle stelle.
Sto diventando poetica, chiedo scusa, ma il libro è poetico.
Non ci credete? Leggetelo e lasciatemi il vostro commento qui sotto! Sono davvero curiosa di conoscerlo!

sabato 6 giugno 2015

Funny Girl di Nick Hornby



Nick, mio caro Nick, finalmente ho finito il tuo libro, che è stato per me il primo libro dei tuoi. Insomma, il mio battesimo-Hornby è avvenuto con Funny Girl... e che dire di questa esperienza?
Ho sempre sentito pareri molto discordanti su Hornby, in parole povere o lo si odia o lo si ama. Dopo aver letto uno dei suoi libri, non posso assolutamente schierami per una o l'altra posizione, posso però dire che il viaggio è stato parecchio complesso per vari motivi.
Ho iniziato a leggere questo libro a febbraio 2015 e ho raggiunto l'ultima pagina solo nel maggio 2015. Nel frattempo ho iniziato altro, ho terminato altri libri eppure:
- non ho perso il filo del discorso
- non ho mai sentito l'esigenza di dover terminare la lettura
- non ho sentito i personaggi di Nick come "miei amici"
Il discorso da fare su Funny Girl è complesso. Sicuramente la storia è molto interessante, ben scritta, scorrevole, ma manca di qualcosa, quel qualcosa che ti cattura, ti trascina nel libro e che ti fa sentire la necessità, il bisogno di leggerlo tutto d'un fiato.
La storia comincia con un concorso di bellezza al quale sta partecipando la protagonista, Barbara, concorso che lei sta per vincere se non che decide di "abdicare" e lasciare la corona alla seconda arrivata. Barbara non vuole fare la reginetta, come recita il retro copertina: lei vuole far ridere la gente. E Barbara ci riesce, diventando la regina della soap opera inglese, trasferendosi a Londra e coltivando il suo sogno, giorno dopo giorno. Il suo nome viene mutato in Sophie e diventa protagonista con Clive, un bell'imbusto del mondo televisivo, di "Barbara (e Jim)", la storia di una simpatica giovane coppia della middle class britannica.
Hornby attraverso la storia di Barbara-Sophie ripercorre quella che è la storia della televisione britannica negli anni 60, anni del boom economico e delle prime serie televisive. Anni di un Inghilterra bigotta che ritiene l'omossessualità reato, ma nella quale la libertà dei costumi non scandalizza nessuno.
Usi, costumi, modi di essere di un mondo che non esiste e sul quale Hornby si sofferma grazie a diversi personaggi, l'uno completamente diverso dall'altro, dalle mille sfaccettature. Ognuno di questi è descritto con grande attenzione, eppure ho fatto fatica a calarmi nei panni di uno solo di loro. Ho amato i loro dettagli, la sfacciataggine di Barbara-Sophie, la bravura degli sceneggiatori, la dedizione di David, la furbizia di Clive, la semplicità del papà di Barbara.
Ora che sono qui a scriverne, che tiro le redini di questi mesi di lettura più volte interrotti, posso forse azzardarmi a dire che l'intento di Nick non è portare il lettore ad amare un personaggio. Nick racconta la vita vera e nella realtà le persone sono come i suoi personaggi: umani. Ci ricorda che, anche se siamo in un romanzo, non è detto che in un ambiente troviamo qualcuno che ci vada "a genio", dobbiamo alle volte adattarci e cercare di convivere con quello che c'è di umano.
Mi piacerebbe molto poter mettere in relazione Funny Girl con altri libri di Nick Hornby, ma, come anticipato, mi è impossibile. Leggendo le recensioni su Amazon e altri siti mi rendo conto che i suoi fan lo reputano uno dei suoi migliori romanzi. Vi lascio la loro parola, per quanto mi riguarda posso dire di voler assaggiare nuovamente la sua scrittura. Sul comodino mi attende da tempo Non buttiamoci giù, vediamo se questo riuscirà a farmi innamorare dello scrittore inglese.
Per vedere il mondo a 360° vi ricordo che Funny Girl è anche un musical che è divenuto nel 1968 film con la regia di William Wyler, interessante no?

lunedì 21 aprile 2014

La teenager che c'è in me!

Please, tell me why!
Questa è la domanda che mi sta assillando da un po', mi sta assillando perché da un po' di tempo sono affetta da "Sindrome di teenagerismo di ritorno". Di che si tratta?
Vi spiego.
Premesso che sono sempre stata un'amante di Harry Potter e chi legge questo blog da un po' dovrebbe averlo capito, ultimamente ho rimpolpato la mia lista di libri che vorrei leggere aggiungendo solo titoli di libri che il mondo classifica scritti per young adult.
Ho cominciato con la saga Multiversum di Leonardo Patrignani, stupendi, da leggere.
Ho continuato con Muses di Francesco Falconi che non mi ha creato troppa dipendenza.
Ho scoperto gli Hunger Games: contagio 2.0.
Ho visto il trailer di Divergent: e mi sono messa a leggere Divergent, anche se non mi sta piacendo troppo, non sono ancora entrata nel vivo della storia e faccio un po' fatica.
Ho scoperto l'esistenza della serie di Sally Lockhard di Philip Pullman e mi sono detta: devo leggerli.
Ho scoperto l'esistenza della scrittrice (del 1991!!!) Samantha Shannon autrice della saga La stagione della falce, saga di 7 libri. In Italia è edita da Salani e per ora possiamo leggere solo il primo volume. Negli USA è già stata definita: la nuova Rowling. Parliamone.
Insomma, sto facendo letture da teenager, spero vivamente di evitarmi l'ascolto degli One Direction.
Eppure non sono l'unica, sapete?!
Molti adulti leggono questi generi, perché sono ben scritti, non sono completamente rivolti a un pubblico giovane. Pensate agli Harry Potter: diamine, forse i primi tre sono più da ragazzini, ma man mano che la storia procede, i toni si fanno piuttosto oscuri e sicuramente adatti ad un pubblico più grandicello. 
Quindi tutto questo per dire: avrò pure la "Sindrome di teenagerismo di ritorno", ma alcuni libri young adult meritano davvero. Per esempio spero di poter stringere la mano Leonardo Patrignani al prossimo Salone del Libro. Ammetto che lo scorso anno 2013, mi è passato di lato e non ho avuto il coraggio di fermarlo e di chiedergli l'autografo. Oltretutto...sapete che è altissimo? E sapete che il suo libro è stato tradotto in un sacco di lingue tra cui anche l'Inglese? Quando l'ho scoperto mi sono sentita orgogliosa di essere italiana. Non so se riesco a spiegarvi questo sentimento, ma quando un libro italiano riesce a passare le frontiere...secondo me è una cosa stupenda, è un momento magico che merita di essere ricordato e testimoniato. 
E voi, avete la mia stessa sindrome? 
Fatemi sapere!

I 100 libri di una vita

Bei tempi quelli in cui su questo blog compariva la lista dei 100 libri da leggere secondo la BBC. Era il mio periodo delle liste e quel periodo perdura fino ad ora. 
Amazon probabilmente oltre ad analizzare i dati delle mie navigazioni e a suggerirmi i nuovi acquisti sulla base di quello che ho precedentemente acquistato, l'altro giorno mi ha inviato una mail e come me milioni di altri utenti avranno avuto la fortuna di riceverla. 
Il titolo era chiaro, semplice: LAMPANTE

I 100 libri di una vita

Accipicchia! Ho pensato. 
Chissà cosa consiglia di leggere Amazon, come se la mia lista di libri avesse bisogno di essere ripopolata.
Sono andata a farmi un giro (se volete fatelo anche voi cliccando QUI) e ho scoperto che i parametri di Amazon sono un filino stranotti
Per esempio il primo libro della lista è Cent'anni di solitudine che mi ha fatto pensare subito alla recente scomparsa del suo autore, Gabriel Garcìa Màrquez, ma tutto sommato, rispetto la scelta. Ma mettere nella lista anche Noi siamo infinito, La profezia dell'Armadillo (che ho e ho letto, ho riso un sacco e mi piace molto!) non vi sembra un filino fuori luogo? 
La lista è alquanto strana e non ha davvero niente a che vedere con quella della BBC, certo alcuni titoli sono presenti in entrambe, ma quella di Amazon è davvero...strampalata. 
Chiude la carrellata di titoli il primo libro di Harry Potter. 
Facendo due rapidi calcoli ho notato di aver letto solo 13 dei 100 libri suggeriti, una media davvero bassa. Altri sono nella famigerata lista di quelli che vorrei leggere, altri ancora rientrano tra quelli che non leggerò mai...poi ci sono quelli che ho iniziato ma che non riesco ad andare avanti a leggere. 
E voi cosa ne pensate?
Quanti ne avete letti?
Avanti, condividete la vostra lista! 

sabato 5 aprile 2014

Be DIVERGENT!

Questa settimana la mia lista dei libri da leggere si è allungata di un pezzettino, con una saga che in questo momento è sotto gli occhi di tutti grazie all'uscita del film del primo capitolo: Divergent.
Editi da DeAgostini, i libri sono stati scritti da Veronica Roth e vi assicuro che mi ispirano proprio tanto, tanto, tanto!
In rete le recensioni sono molto buone, dicono sia ben scritto e coinvolgente quasi quanto gli Hunger Games...e pure le copertine gli assomigliano molto!

E voi li conoscete?


domenica 23 marzo 2014

La vendetta veste Prada: recensione!

Tra i vari libri che ho letto in questo periodo, sicuramente ce ne è uno che posso assicurarvi che sarebbe tempo perso leggerlo!
Il tomo in questione è il seguito del Diavolo Veste Prada, scritto da Lauren Weisberger: La vendetta veste Prada. 
Metto le mani avanti, facendo una piccola premessa e dico che sicuramente non si tratta di alta letteratura, sono i famosi libri "da ombrellone" quelli da leggere dopo una lunga e pesante giornata in ufficio, durante la tremenda sessione esami all'università. Letteratura rosa, poco impegnata
Nonostante ciò, ammetto di aver amato Il diavolo veste Prada, ben scritto, scorrevole, brillante, geniale, idea carina, film riuscito benissimo. Cito quotidianamente sia il libro che il film. Attendevo quindi con grande piacere il seguito. Peccato che la Weisberger abbia chiaramente scritto un libro per guadagnare. Un tipico libro inutile, che non aggiunge nulla alla storia di Andrea, solo un sacco di parole, chiacchiere, cose tendenzialmente che potevamo anche non sapere. Campavo bene anche senza questo seguito. 
La più grande pecca che ha questo libro è che quando siete a metà vi domandate: "Cosa è successo fino a qui?" Perché fondamentalmente non è successo niente, non succede niente. Pagine e pagine di vuotezza cosmica. Certo, la situazione iniziale di Andrea varia, c'è un'evoluzione sociale nella sua vita, ma è pressoché nulla rispetto al libro precedente e poi è così poco reale, nei limiti della realtà di questo mondo, che ti lascia perplesso.
E' come se la protagonista si lasciasse vivere, non decidesse mai fino in fondo di fare qualcosa. La Weisberger getta sassi nello stagno ma poi tira indietro la mano, non approfondisce le relazioni, tutto è abbozzato, accennato come se avesse paura di distruggere il mondo creato con Il diavolo veste Prada.
Personalmente avrei apprezzato più brio, più coraggio. 
Soprattutto la domanda che mi ponevo pagina dopo pagina: dov'è la vendetta del Diavolo? Dov'è Miranda? Miranda arriva a metà libro, viene evocata a livelli che "manco Bogart in Casablanca", entra in scena fa quello che deve fare, lo fa male e senza enfasi diabolica e poi esce di scena. In questo libro anche Miranda fa cose banali, è talmente banale che ad un certo punto temevo andasse a comprarsi i calzini da Calzedonia e le tshirt di H&M collezione base, cose che fa la donna comune, ma non Miranda.
La scrittura è sempre molto scorrevole, ma è la struttura che non esiste in questo caso. Mi spiace dirlo ma è proprio un libro creato per fare soldi sul successo del primo e onestamente mi dispiace davvero molto.
In questi casi allora mi domando: ne vale davvero la pena?
Se uno scrittore arriva a strumentalizzare i suoi personaggi per guadagnarci...allora è uno scrittore triste, uno scrittoruncolo. 
Cara Lauren, potevi davvero fare di meglio. Mi aspettavo un grande seguito! 
Il punto è sempre il solito: o il libro viene concepito con un seguito oppure rischi di fare un disastro editoriale. Stessa cosa vale per il cinema. L'unico film che mi sento di appoggiare che ha avuto un seguito solo grazie al successo del primo è Ritorno al futuro. 
E voi, cosa ne pensate? L'avete letto?
Fatemi sapere!

giovedì 2 gennaio 2014

La cena di Natale di Luca Bianchini: recensione!

Posso dirlo?
Boh, io lo dico: adoro profondamente lo stile di Luca Bianchini e amo i suoi personaggi, sono perfettamente convinta che a Polignano a Mare posso trovare Ninella che ogni mattina si affaccia alla finestra e osserva il mare sospirando. Me la immagino un po' come Cenerentola della Disney che in camicia da notte guarda fuori dalla finestra con aria trasognante e pensa al suo Principe azzurro. 
Sono convinta anche che ci sia don Mimì con la sua adorabile consorte Matilde e il Bimby, mi vedo anche la parrucchiera di Ninella, concentrata a tingere di biondo le sue clienti, perché lei è un'artista! 
Sono convinta che ogni singolo personaggio, nato dalla penna di Luca Bianchini, esista veramente, sento che potrei incontrarli per strada, potrei farmi invitare a bere un caffè da Ninella, e poi potrei andare a pranzo da Matilde, potrei chiederle se mi fa le polpette, ovviamente senza Bimby.
Sono impazzita? 
No, è semplicemente l'effetto Bianchini (non di un bianchino, ma cosa leggete!) cominciato con Io che amo solo te e continuato con La cena di Natale, romanzo che riprende i protagonisti conosciuti nel fortunato volume estivo, che qui ritornano più in forma che mai per un cenone di Natale, come fanno a Bari, ma organizzato all'ultimo secondo da Matilde che ha completamente dato di matto dopo aver ricevuto in dono dal marito, don Mimì, un anello. Convinta che il marito è riuscito a dichiararle il suo amore, decide di allestire questa cena, invitando anche il figlio Damiano e la neo-moglie Chiara. I progetti di Natale fino alla mattina del 24 prevedevano pranzo a casa di Chiara e Damiano il giorno 25 dicembre, ma Matilde vuole strafare, ricordando a Ninella, la consuocera ed ex morosa del marito, di essere lei la donna amata da don Mimì. 
Luca Bianchini riporta sul palco tutti i suoi personaggi con tutte le loro caratteristiche, mettendo in scena una commedia tragicomica dove è impossibile restare seri. Tra proprietà coniugali da rivendicare, brodo senza dado, test di gravidanza e gravidanze inattese, tinte biondo Kidman, anelli e regali riciclati i personaggi riescono a dare il meglio di se stessi e vi costringeranno pagina dopo pagina a divorare il romanzo, per capire se finalmente Ninella riuscirà a farsi questa tinta e soprattutto se Matilde riuscirà a mettere in atto questo piano-vendetta con il cenone di Natale, come usano a Bari. 
Un libro divertentissimo perfetto da regalare a Natale, quindi segnatevelo tra i regali da fare nel 2014! Altrimenti potete regalarlo per l'Epifania, che tutte le feste si porta via e porta con sè solo depressione e poca voglia di rientrare al lavoro, in questo modo potrete offrire qualche ora di svago ai vostri amici! 
In qualsiasi caso, Natale o meno, leggetelo perché merita davvero.

Spero esca presto un sequel, che onestamente non so se sia previsto, ma a questo punto io voglio un libro sul battesimo del figlio di Chiara e Damiano. Non voglio svelarvi nulla se sia o meno incinta la donzella, ma prima o poi un figlio lo faranno...no?
E poi sento che a stento riuscirò a stare lontano da Polignano a Mare e dai suoi fantastici personaggi!
Notizia molto gradita: ho scoperto che faranno presto un film tratto da Io che amo solo te...ottima idea! 


Ragazze mancine di Stefania Bertola: recensione!

Adoro Stefania Bertola, non ho letto la sua opera omnia, ma mi sento autorizzata a definirmi sua fan in progress. 
Ho cominciato a conoscere questa scrittrice attraverso il suo libro Romanzo Rosa, un geniale romanzo breve ambientato a Torino che avevo recensito tempo fa, contagiata dal suo stile, non ho potuto fare a meno di fiondarmi immediatamente sul suo ultimo libro: Ragazze mancine.
Ancora una volta Stefania Bertola ci racconta storie di donne, le protagoniste Adele ed Eva sono completamente diverse l'una dall'altra, la prima abbandonata dal marito dal quale ha ereditato un cagnone, si ritrova improvvisamente a zonzo senza casa e soprattutto senza soldi, l'altra ha una figlia avuta da un uomo di cui non sa bene l'identità nel romanzo è in fuga da un uomo che vuole il suo medaglione.
Una vicenda in perfetto stile Bertola, intricata al punto giusto e complessa da raccontare, una storia che vi coinvolge fin dal momento in cui Adele si ritrova in macchina Eva che la costringe a partire a tutto gas per sfuggire a un uomo la cui identità rimane a noi ignota solo per qualche pagina.
Stefania Bertola riesce a regalarci una storia avvincente, con dei personaggi divertenti e a tratti grotteschi, è molto abile nel dipingere la follia umana di chi ha tanti soldi e crede di utilizzarli per ottenere tutto quello che vuole. Adele e Eva provengono da mondi diversi, Adele è la donna che non ha mai lavorato un giorno nella sua vita, non sa fondamentalmente fare nulla (o poco) e quando viene abbandonata dal marito, senza più soldi, capisce che deve rimboccarsi le maniche. Eva invece è l'opposto, è colei che sa accontentarsi, che vive di fortuna e non si preoccupa del domani, per la figlia va bene anche una bambola storpia, infondo è pur sempre una bambola! Sono modi diversi di approcciarsi alla vita, modi discutibili e che non possono piacere a tutti, forse un po' portati agli eccessi dalla scrittrice, ma che sono perfettamente in linea con il suo stile un po' sopra le righe. 
I ricchi di Stefania Bertola sono persone piene di segreti e senza amici, l'amicizia sta in mezzo alle persone che hanno poco e che cercano di essere felici con poco. Un messaggio forse vecchio, ma che in un periodo di crisi fa ancora riflettere, se il lettore non vuole fermarsi alle vicende dei personaggi e cerca di scavare in profondità, a mio parere può trovare in questo libro una critica al modo di vivere di oggi.
Ragazze mancine è un libro davvero piacevole e intelligente, riesce a vedere oltre le persone e lo fa con quell'ironia che nei romanzi della Bertola non manca mai, quel sorriso a volte amaro che nasconde dietro a una "grassa risata" una lacrimuccia. Un romanzo che racconta la nostra Italia. 

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