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mercoledì 17 ottobre 2012

Diaz - Non pulire questo sangue: recensione!

Secondo appuntamento al cineforum e primo ostacolo nella recensione. Ostacolo non cinematografico ma diciamo sociologico (se così si può dire).
Diaz - Non pulire questo sangue  di Daniele Vicari è un film a dir poco sconvolgente. Sapevo che questa volta al cineforum non avrei visto una commediola divertente, ma non avrei mai immaginato di vedere quello che ho visto. Il problema è che Diaz non è il frutto di una mente diabolica che ha voluto scrivere una sceneggiatura iper violenta per accattivarsi lo spettatore, Diaz è il frutto degli atti processuali riguardo la tragedia della scuola Diaz, avvenuta durante il G8 di Genova. Recensire questo film mi fa un po' paura, per questo voglio fare una piccola premessa: non è mia intenzione parteggiare per nessuno in questo film, voglio semplicemente cercare di spiegarvi ciò che ho visto senza dire giusto o sbagliato. Proprio per evitare equivoci o quant'altro eccovi la sinossi.

SINOSSI
Luca (Elio Germano) è un giornalista della Gazzetta di Bologna. 
È il 20 luglio 2001, l’attenzione della stampa è catalizzata dagli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine durante il vertice G8 di Genova.

In redazione arriva la notizia della morte di Carlo Giuliani. Luca decide di partire per Genova, vuole vedere di persona cosa sta succedendo.

Alma (Jennifer Ulrich) è un’anarchica tedesca che ha partecipato agli scontri. Sconvolta dalle violenze cui ha assistito, decide di occuparsi delle persone disperse insieme a Marco (Davide Iacopini), un organizzatore del Genoa Social Forum, e Franci, una giovane avvocato del Genoa Legal forum. Nick (Fabrizio Rongione) è un manager che si interessa di economia solidale, arrivato a Genova per seguire il seminario dell’economista Susan George.

Anselmo (Renato Scarpa) è un vecchio militante della CGIL e con i suoi compagni pensionati ha preso parte ai cortei contro il G8. Etienne (Ralph Amoussou) e Cecile sono due anarchici francesi protagonisti delle devastazioni di quei giorni. Bea e Ralf sono di passaggio e hanno deciso di riposarsi alla Diaz prima di partire.

Max (Claudio Santamaria), vicequestore aggiunto del primo reparto mobile di Roma, comanda il VII nucleo e non vede l’ora di tornare a casa da sua moglie e sua figlia.
Luca, Alma, Nick, Anselmo, Etienne, Marco e centinaia di altre persone incrociano i loro destini la notte del 21 luglio 2001.
Poco prima della mezzanotte centinaia di poliziotti irrompono nel complesso scolastico Diaz-Pascoli, sede del Genoa Social Forum adibita per l’occasione a dormitorio. In testa c’è il VII nucleo comandato da Max, seguono gli agenti della Digos e della mobile, mentre i carabinieri cinturano l’isolato. È un massacro in piena regola.

Quando Max dà ordine ai suoi di fermarsi, è tardi. 93 persone presenti nella scuola, oltre ad essere in arresto, hanno subìto una violenza inaudita senza aver opposto alcuna resistenza.

Luca e Anselmo finiscono in ospedale, Alma dopo essere stata medicata viene condotta alla caserma di Bolzaneto. All’alba Etienne e i suoi amici escono dal bar dove si sono rifugiati durante la notte. Tutto è silenzio, deserto. Si fanno strada verso la Diaz, ma una volta dentro trovano solo sangue e distruzione.

Anche Marco non si trovava alla Diaz durante l’incursione. Ha passato la notte con Maria, una ragazza spagnola conosciuta in quei giorni. Quando la mattina, in una Genova devastata e irreale, raggiunge la scuola, la luce del sole mette ancor più in evidenza le proporzioni del massacro. Sconvolto raggiunge il suo ufficio, squilla il telefono: è la madre di Alma. 

Marco non sa cosa sia successo alla ragazza ma promette che farà di tutto per trovarla. A Bolzaneto, per Alma e decine di altri ragazzi, l’incubo non è ancora finito.

La storia la conoscono tutti, in quel G8 gli scontri furono numerosi e così anche il numero dei feriti e ci furono anche diversi morti. 
Raccontare una vicenda di questo genere che vede protagonisti: caschi blu, ragazzi dei centri sociali e non, black block è rischioso perché basta un niente per dare del "completamente cattivo" a un gruppo di persone.
Il messaggio primario che passa da un film del genere è sicuramente che i caschi blu che hanno fatto la carneficina della Diaz erano persone poco logiche e sensate, comandate da gente che non aveva compreso quello che avrebbero potuto fare i caschi blu, gente disposta a confutare le prove piuttosto che ammettere che in quella scuola se c'erano black block erano solo una minoranza. L'accanimento che essi dimostrano sembra quasi un modo per dare sfogo alla rabbia repressa, al nervosismo accumulato in quei giorni che furono sicuramente molto duri e stancanti non solo a livello fisico e psicologico. Con questo l'assalto alla Scuola Diaz è imperdonabile, vediamo scene sconvolgenti con picchi di atrocità che rasentano la follia umana, non vi nego che in alcuni punti mi sono domandata se fossero SS o cosa questi caschi blu. Corpi umani trattati come bestie, ammassati, trucidati, torturati, addirittura uno prende taglia un rasta a una ragazza come se fosse il trofeo di guerra, lo scalpo, roba da Far West, da Sentieri Selvaggi, altro che Genova centro!
E' evidente però che il problema dei Black Block è pienamente percepito dai giovani genovesi che gestiscono l'evento e si occupano di smistare i ragazzi tra le varie scuole, questi sono un pericolo per chi vuole manifestare in modo pacifico ed effettivamente la loro presenza sarà proprio una delle cause primarie dell'assalto alla Diaz. 
Il problema è che per cercare i Black Block sono state massacrate un sacco di persone, è stato versato molto sangue inutile, alla Diaz c'erano pacifisti, giornalisti, persone perbene che mai avrebbero lanciato molotov contro la polizia, eppure si è scelto di fare piazza pulita senza pensarci due troppo. Non ci si scaglia in questo modo contro le persone! Non sono bestie! Dov'è il rispetto? Dov'è la democrazia? Dov'è la civiltà?
Credo che le parole giuste per descrivere quanto visto siano quelle pronunciate da Anselmo: "Avete fatto una cazzata!".

So già che qualche ben pensante alzerà la manina gioioso e dirà: "E' pur sempre un film, quindi avranno caricato le scene violente." Beh, carissimo ben pensante, prova a cercare qualche reportage sulla scuola Diaz, ne trovi molti su internet e guarda quelle foto... parlano! Eccome se parlano!

Vi lascio con queste parole di Amnesty International, sperando che fatti come questi non accadano più.

"La più grave sospensione 
dei diritti democratici in un paese occidentale 
dopo la Seconda guerra mondiale."



sabato 13 ottobre 2012

Finché le stelle saranno in cielo di Kristin Harmel: recensione!

Ero molto scettica riguardo questo romanzo. Temevo che, a causa dell'immane campagna pubblicitaria, fosse l'ennesima boiata da leggere solo ed esclusivamente sotto l'ombrellone, o comunque sia da prendere come lettura poco impegnata e rilassante.
Dalla trama avevo capito che le carte messe in gioco però sembravano promettere ben altro da quello che mi aspettavo e ora, a lettura terminata, posso dirvi con certezza che questo è davvero un libro da leggere!
La storia ci racconta di Hope, una donna di 35 anni, madre di Annie, figlia di Josephine e nipote di Rose, separata da un uomo che sembra averle tolto i sogni e le speranze per il futuro. Finchè le stelle saranno in cielo racconta proprio l'immobilità apparente di Hope che si sente costretta a gestire la pasticceria di Cape Cod, un tempo di proprietà della nonna Rose, poiché quest'ultima, affetta da Alzheimer è ora in cura in una clinica. 
Rose però nasconde un passato che sembra non voler condividere con nessuno, però i ricordi stanno tornando a galla e prima di morire decide di comunicare alla nipote una lista di nomi: i suoi famigliari. Lei da giovane abitava a Parigi ed era scappata durante la guerra.
Comincia così un viaggio in cui Hope riscopre il suo passato, ripercorre la vita dei suoi famigliari, un viaggio che la porterà nella Parigi del 1942, nei rastrellamenti fatti dai Nazisti, conoscerà da vicino l'Olocausto e le sue vittime, i pochi sopravvissuti e come essi hanno scelto di testimoniare. Attraverso la voce di Hope e quella di Rose conosceremo la storia di una famiglia, del suo passato che è stato e non potrà essere cancellato.
Non voglio dilungarmi troppo sulla trama, perché potrei scendere troppo nel dettaglio e rivelarvi cose che è meglio scoprire da soli in fase di lettura.
Ho trovato questo libro davvero meraviglioso, ben scritto, ben costruito, l'autrice stessa ha dedicato molto tempo alla ricerca e allo studio della storia dell'Olocausto, regalando testimonianze molto toccanti, che inevitabilmente, se siete sensibili, vi faranno scappare qualche lacrimuccia.
Quest'estate ho visitato i campi di Auschwitz e Birkenau e credo che leggere un libro sull'olocausto dopo essere stata in questi posti sia ulteriormente scioccante. Penso che nessuno potrà mai rendere a parole l'orrore e la follia dei campi di sterminio, solo vedendoli con i propri occhi, camminando su quei terreni polverosi, entrando nelle baracche ci si rende conto di quello che poteva essere. In realtà credo che sia inimmaginabile, impensabile quanto potesse essere forte l'odio contro una razza, contro una religione.
E' molto bello nel libro il dialogo inter religioso che viene raccontato tra musulmani, ebrei e cristiani, tre religioni del ceppo di abramitico, più volte l'autrice sottolinea l'unione di queste tre religioni che oggi fanno ancora fatica a dialogare.
Vi assicuro che superate le prime 150 pagine sentirete l'esigenza di sapere come andrà a finire e avrete molti problemi a staccarvi! 
Oltre alla questione storica, è centrale il tema dell'amore, amore tra uomo e donna, ma amore anche verso i famigliari, i fratelli, le sorelle, i figli. Un amore spesso difficile da manifestare e che la protagonista Hope spera di essere in grado di trasmettere alla figlia Annie, adolescente piuttosto ribelle, amore che in alcuni periodi storici sembrava essere l'unica isola di salvezza, l'unica cosa che portava avanti la speranza.
Bellissima l'idea di inserire le ricette dei dolci della pasticceria di Rose e Hope, che potete tranquillamente provare a rifare. 

Consiglio la lettura di questo libro a tutte le persone che vogliono conoscere sempre qualcosa di più sull'Olocausto, a tutti quelli che hanno voglia di una lettura che faccia riflettere, ma scritta in modo scorrevole, a tutti quelli che hanno un forte senso della famiglia e sono attaccati ai propri fratelli, alle sorelle e ai genitori. Se poi credete nell'amore, quello vero, quello che scocca come un colpo di fulmine e vi segna per la vita...allora dovete leggere Finché le stelle saranno in cielo. Perché questo amore, come insegna la protagonista, se è vero, durerà proprio fino a quando le stelle saranno in cielo. 


VOTO

Nota al voto: sarebbero quattro calamai e mezzo, non cinque pieno. 



lunedì 27 agosto 2012

Vidi: Finché le stelle saranno in cielo di Kristin Harmel

Agosto volge al termine e settembre si avvicina, se la vostra lista dei libri da leggere durante l'estate si sta esaurendo, allora iniziate a preparare quella dei libri per l'autunno e l'inverno, ma occhio che l'estate non è ancora finita e nelle librerie sta arrivando qualcosa di interessante.
Presso Garzanti il 30 agosto uscirà Finché le stelle saranno in cielodi Kristin Harmel, libro molto interessante, che mi piacerebbe leggere vista anche la mia recente visita ai campi di Auschwitz e Birkenau in Polonia. 

TRAMA
Da sempre Rose, nell'attimo che precede la sera, alza lo sguardo a cercare la prima stella del crepuscolo. È quella stella, anche ora che la sua memoria sta svanendo, a permetterle di ricordare chi è e da dove viene. La riporta alle sue vere radici, ai suoi diciassette anni, in una pasticceria sulla rive della Senna. Il suo è un passato che nessuno conosce, nemmeno la sua amatissima nipote Hope. Ma adesso, prima che sia troppo tardi, è venuto il tempo di dar voce al suo ultimo desiderio: ritrovare la sua vera famiglia, a Parigi. E, dopo settanta lunghi anni, di mantenere una promessa. 

Rose affida questo compito alla giovane Hope, che non ha nulla in mano se non un elenco di nomi e una ricetta: quella dei dolci dal sapore unico e inconfondibile che da anni prepara nella pasticceria che ha ereditato da Rose a Cape Cod.
Ma prima di affidarle la sua memoria e la sua promessa, Rose lascia a Hope qualcosa di inatteso confessandole le proprie origini: non è cattolica, come credeva la nipote, ma ebrea. Ed è sopravvissuta all'Olocausto. Hope è sconvolta ma determinata: conosceva l'Olocausto solo attraverso i libri, e mai avrebbe pensato che sua nonna fosse una delle vittime scampate all'eccidio. Per questo, per dare un senso anche al proprio passato, Hope parte per Parigi. Perché è nei vicoli tra Place des Vosges, la sinagoga e la moschea che è nata la promessa di Rose, una promessa che avrà vita finché le stelle saranno in cielo.
Sarà proprio lo sguardo curioso e appassionato della giovane Hope a svelarne il segreto fatto d'amore, di vite spezzate e soprattutto – come indica anche il suo stesso nome – di speranza. E a rivelare anche al lettore un segreto ancora più misterioso, una luce inattesa negli anni bui dell'Olocausto, un evento tanto storicamente accertato quanto poco conosciuto, che tuttavia ha salvato dall'orrore le vite di molte persone.

venerdì 27 gennaio 2012

27 gennaio: RICORDARE!

Nessuna parola può descrivere quello che è stato, ma per questo non deve essere dimenticato.

Ricordate e raccontate per ricordare!









Oltre ai contributi fotografici, ecco un documentario Nuit e bruillard di Alain Resnais.






martedì 21 giugno 2011

E il MATURAR m'è dolce in questo mare...

C'è nell'aria l'estate, ma si sa che con i primi giorni d'estate, nell'aria c'è anche il sapore della "maturità", o come si dice ora, dell'Esame di stato.
Se ripenso a come ho vissuto io l'Esame di Stato, mi viene da ridere, per non piangere!
Sono stati dei giorni di totale terrore psicologico, preceduti da cinque anni di liceo in cui il terrore psicologico veniva fatto anche dai banchi delle aule che ci hanno ospitati. Altro che "Notte prima degli esami-Oggi" dove Vaporidis la notte prima degli esami la passa in treno con l'amata e si ritrova a Milano, poi la mattina raggiunge Roma a bordo di un camion! 
La sera prima del mio tema, Venditti ha dedicato a tutti i maturandi la sua canzone, spero non vi capiti la stessa cosa!!! Poi ero talmente agitata che tra un po' non ricordavo nemmeno come mi chiamavo! Unica nota positiva di quei giorni: giocava la nazionale e quell'anno ha pure vinto il mondiale!!!
L'esame di stato è il primo grande esame che affrontiamo nella nostra vita, vi assicuro che all'università ho penato molto meno! Sarà che mi piace quello che studio, ma sicuramente vivo ogni appello con il sorriso e senza terrore psicologico: se non va come voglio, rifiuto il voto e torno l'appello successivo. La mitica maturità invece è il versione "o la va o la spacca", prendi quello che viene, un po' come la vita, peccato che con questo diamine di sistema escogitato dai vari ministri dell'Istruzione sia diventato una specie di Roulette Russa dove anche il secchione più secchione si gioca tutto in quattro giorni (qualcuno in più nei licei Artistici).
Pensateci, per assurdo una persona può fare schifo per cinque anni e alla maturità può tranquillamente prendere un voto superiore al 70: l'esame di stato rappresenta la vita di tutti i giorni ed in particolar modo è la dimostrazione pratica che la meritocrazia in Italia non esiste.
Per non parlare poi delle proposte ministeriali, dove 4 anni su 3 (notate la proporzione!!!) sbagliano le tracce, inseriscono versioni piene di buchi (crux desperationis †), non hanno minimamente idea dei programmi della quinta superiore...eccetera!
Lo spauracchio comune rimane sempre la terza prova, a meno che qualche santo non dica prima le materie, è peggio di un quizzettone televisivo! Premesso che esistono tre tipologie della prova, immensa cavolata visto che non si possono mettere sullo stesso piano tema, quesiti aperti e quesiti a risposta multipla, a parer mio rappresenta la tipica prova del "di tutto un po' di più non so". Dovrebbe avere un cappello introduttivo tipo questo: "Vomita in queste pagine tutta la scienza infusa o studiata che hai appreso durante questo ultimo anno. Per l'intercessione di San Giuseppe da Copertino, che la forza sia con te!".
Detto questo, consiglio ai maturandi di prendere il tutto con filosofia, lasciate da parte il panico, evitate esperienze mistiche in queste ultime ore, non bevete troppa caffeina, non credete ai toto tema (che sbagliano sempre), siate voi stessi, il tutto PER QUANTO POSSIBILE!! 
Cercate di fare di questo ostacolo il vostro trampolino di lancio. 
In bocca al lupo maturandi 2011 e che San Giuseppe da Copertino e la forza siano con voi!!!

N.B. Se una volta terminate le prove vi rendete conto che il Ministero è stato più stronzo del solito, scaricate la foto qui sotto, stampatela e giocateci a freccette! 




mercoledì 1 giugno 2011

THE TREE OF LIFE

Volevo fare un post sul film vincitore della palma d'oro a Cannes, The Tree of Life di Malick, visto che è da una settimana ormai che l'ho visto, ma dopo aver letto le recensioni dal sito GLI SPIETATI mi è venuto un attacco di "oh cielo non sono in grado di dire cose così spettacolari su questo film" e quindi ho chiuso blogger.
Successivamente ho chiuso il sito degli Spietati e ho fatto un attimo mente locale sul film e ho deciso di scrivere ugualmente un post che preannuncio sarà noioso, sciocco, pieno di luoghi comuni e praticamente inutile. Lo scrivo solo per mettere un nuovo post sul blog in modo che la gente passi a trovarmi.... ceeeeerto!
Scherzi a parte, tornando al film in questione e rimuovendo momentaneamente quello che ho letto su di esso, devo dire che la prima sensazione quando sono uscita dalla sala è stata piuttosto...ZEN. 
Probabilmente ero l'unica a pensarla così visto che dopo mezz'ora di film due persone si sono alzate e al termine, quando ancora scorrevano i titoli di testa, i miei vicini hanno iniziato a sbuffare e qualcuno nelle file posteriori classificava il film come un'immensa cagata (piccoli sosia di Fantozzi che recensiscono i lontani parenti della Corazzata Potemkin!). Ora, visto che mi trovavo al Cinema Massimo di Torino, speravo che il pubblico presente in sala fosse cosciente che: non è un cinema qualsiasi che ospita pellicole qualsiasi, ma forse non lo sapevano.
Certo, non è un film per tutti, è un film che fa riflettere, mette dubbi, scruta nel profondo, mette in gioco fede e ragione, famiglia, affetti, rispetto, sentimenti, crescita, creazione, mondo, città, periferia, grattacieli, foresta... è un film costruito su contrapposizioni, modi di essere, modi di vivere, modi di credere, modi di agire.
E' un film che vuole farsi guardare, vuole parlare attraverso le immagini. E' un film che torna all'essenza del cinema e prova a raccontare stati d'animo, pensieri e sensazioni attraverso le inquadrature, attraverso i luoghi, attraverso immagini sensazionali che ci raccontano la creazione del mondo.Visto che non è del tutto sensato raccontare la storia del film, provo a rendervi l'idea attraverso l'alfabeto e chiedo scusa se sparerò delle boiate, ma questo è quanto ho percepito dopo la prima visione.

ACQUA: sono moltissimi i momenti in cui questo elemento viene raccontato ed utilizzato nel film. Esso rappresenta l'origine di tutto: della vita, nel momento della creazione e anche nel momento della nascita, ma è anche elemento di morte, quando muore l'amico dei tre ragazzi. Esso sembra quasi un elemento da cui tutto nasce a cui tutto torna. Pensiamo anche all'immagine finale del film, dove i nostri attori camminano sulla spiaggia, bagnata da questo mare infinito.

BAMBINI: sono tre i protagonisti di questo film, figli dei coniugi O'Brien, sono la gioia della mamma e l''orgoglio del papà. 

CASA: essa ci racconta molto della famiglia, è un luogo sicuro, un punto a cui tornare, un luogo anche da curare, da pulire. Un punto di ritrovo segno di unione della famiglia.

DIO: spesso viene chiamato in causa, non solo con le parole, ma anche con le inquadrature. Sono numerosi i momenti di controluce, incentrati principalmente quando al centro dell'inquadratura troviamo la mamma: alle sue spalle vediamo spesso, soprattutto quando si tratta di esterne, il sole che ci rimanda fortemente a Dio. Dio è anche l'essere che abita in cielo, quante volte la mdp scruta il cielo azzurro arrampicandosi lungo gli alberi o lungo le superfici riflettenti dei grattacieli.

EDUCAZIONE: il papà tiene molto all'educazione dei suoi tre figli, tanto da imporre in casa un clima quasi da caserma, dove nessuno può parlare se non è interpellato da lui. Il mondo è crudele e quest'educazione insegnerà ai figli come si sta al mondo e come ci si fa rispettare.

FAMIGLIA: il film fondamentalmente è la storia di una famiglia, con i suoi alti e bassi, con le sue sconfitte e le sue vittorie. E' una storia di amore ed odio di un figlio nei confronti del padre.

GRATTACIELI: hanno fortemente preso il posto delle piante su cui si arrampicavano a mani nude da piccoli, come se volessero quasi raggiungere il cielo, quel cielo dove abita Dio. Ora il più grande dei fratelli si "arrampica" sui grattacieli grazie a degli ascensori. "Fammi vedere quello che tu vedi" dice Jack, Sean Penn. Forse quell'arrampicarsi, quel salire in alto, ti porta a vivere il mondo da un'altra prospettiva, che ricorda un po' quella di Dio, che vede dall'alto.

HOUSTON: è la città dove il figlio grande lavora e vive. Gli alberi alti che circondavano la sua casa ora sono i grattacieli che

INSIEME: è questo il concetto del film, il ritrovarsi ancora insieme alla fine. Alla fine di tutto, nonostante tutto. 

LAVORO: è la causa della prima sconfitta subita dal padre. Egli lungo tutto il film ci sembra una roccia, il self made man capace di resistere a qualsiasi intemperia, la pianta ben radicata che non si fa abbattere da nulla. Eppure anche lui ad un certo punto viene colpito e a causa del suo lavoro la famiglia è costretta ad abbandonare la casa per trasferirsi da un'altra parte. 

MORTE: come la vita è molto presente nel film, uno dei fratelli muore dopo poco e la sua morte è al centro dei pochi dialoghi dei personaggi. Muore un amico dei ragazzi, vediamo che c'è stato un funerale. E' difficile da accettare, ma è anche un passaggio fondamentale che permetterà a tutta la famiglia di riunirsi e di tornare insieme.

NIENTE: niente, nemmeno la morte riuscirà mai a dividere questa famiglia.

ODIO: è il sentimento che i figli provano nei confronti di questo padre severo e molto cattivo che anche quando manifesta i suoi sentimenti di amore verso i figli lo fa manifestando una certa violenza fisica di abbracci eccessivamente veementi e ricchi di forza brutale.

PIANTE: sono numerosissime quelle che si vedono in questo film, una pianta viene anche piantata dal padre e dal primogenito dopo la nascita del secondo figlio. Le piante sono radicate al terreno, quella terra che per loro è madre, è vita, è casa. Uomini come piante sembra quasi suggerire il film.

QUALSIASI: qualsiasi cosa accada, in qualsiasi luogo tu ti trovi, è impossibile dimenticare quelle radici che ti tengono fortemente legato alla tua famiglia.

RELIGIONE: il tema religioso è fortemente presente nel film, a parte le scene di messa, preghiera o visite alla chiesa, Dio, come ho già detto, viene citato spesso e con lui anche tutti i dogmi e gli insegnamenti che la signora O'Brien, la madre, ha ricevuto da bambina dalle suore.

SILENZIO: non è un film molto parlato. Le battute di dialogo sono poche e concise. Il silenzio ci accompagna per buona parte del film, non un silenzio totale, ma accompagnato da musiche che trasportano lo spettatore in una fase riflessiva che lo porta a domandarsi il significato di quello che sta vedendo.

TERRA: madre generatrice, come l'acqua.

UNIONE: è fortissimo il legame che nonostante tutto esiste tra i membri di questa famiglia.

VITA: è lei la grande protagonista di questo film, vita del mondo, vita del singolo. Già la locandina (che ho inserito sopra) ci lancia un messaggio di vita: Brad Pitt, il signor O'Brien, è incantato nel vedere il piede del suo bimbo appena nato, il suo primogenito. La vita poi è anche citata nel titolo stesso del film.

ZEN: (utilizzo impropriamente questa parola solo perchè le parole con la Z sono difficili da trovare) è un po' questo quello che mi ha trasmesso il film. Spiego: quando sono uscita dalla sala non sono stata subito in grado di esprimere al completo un'opinione quello che avevo appena visto. Una signora dietro di me si è messa a sparare di tutto e di più sul regista, smontando ogni inquadratura. Io ho ascoltato e nel tragitto cinema-collegio ho chiacchierato un po' con la mia amica che era al cinema con me e sono giunta a queste conclusioni: secondo me un buon modo per guardare questo film è lasciarsi trasportare e soprattutto non aver paura di riflettere e di cercare significati in quello che si vede. Non è tutto dato in modo superficiale, anzi, il regista chiede molto a noi, chiede uno sforzo allo spettatore, chiede molta pazienza, ci chiede quasi di scavare per raggiungere le origini delle radici di questo film.
Apprezzo i film di questo genere perchè sono quelle pellicole che non si fermano alla sala cinematografica, ma ti accompagnano e dopo giorni ti rilasciano ancora delle piccole sensazioni.
Non me la sento di dare un voto da 1 a 10 a questo film, ma di certo vi consiglio di vederlo e rivederlo. Secondo me ad una seconda visione trasmette ancora di più!

Se volete opinioni più serie riguardo la pellicola, vi consiglio il sito de "Gli Spietati", ma vi invito anche a lasciare qui sotto i vostri commenti, i vostri insulti ecc. Grazie!


VOTO




lunedì 23 maggio 2011

Due eroi della patria!

In questo post non voglio spendere molte parole. Vi lascio solo un'immagine, due nomi e un consiglio: NON DIMENTICHIAMO!




venerdì 15 aprile 2011

Charles Spencer Chaplin

Il 16 aprile di 122 anni fa nasceva un uomo che "ha fatto la storia del cinema". 122 anni fa nasceva in Inghilterra, a Londra, quartiere di Walworth, il mitico Charles, che di li a pochi anni avrebbe iniziato una carriera nel mondo dello spettacolo per terminare solo con la sua scomparsa il 25 dicembre del 1977.

Tutti noi associamo subito Charlie al suo celeberrimo personaggio: the tramp, il vagabondo o per noi italiani Charlot. Cappello, bombetta, pantaloni sgualciti, una giacca vecchia, le scarpe buche e l'andatura da "ubriaco" erano le principali caratteristiche della maschera che lo rese famoso in tutto il mondo.
Egli stesso scriveva a proposito del suo modo di vestire:

“Mentre puntavo verso il guardaroba, pensai di mettermi un paio di calzoni sformati, due scarpe troppo grandi, senza dimenticare il bastone e la bombetta. Volevo che fosse tutto in contrasto: i pantaloni larghi e cascanti, la giacca attillata, il cappello troppo piccolo e le scarpe troppo grandi. Ero incerto se truccarmi da vecchio o da giovane, poi ricordai che Senneth mi aveva creduto un uomo assai più maturo e così aggiunsi i baffetti che, argomentai, mi avrebbero invecchiato senza nascondere la mia espressione. Non avevo la minima idea del personaggio. Ma come fui vestito, il costume e la truccatura mi fecero capire che tipo era. Cominciai a conoscerlo,  quando m’incamminai verso l’enorme pedana di legno esso era già venuto al mondo. Invenzioni comiche e trovate spiritose mi turbinavano incessantemente nel cervello. Quando mi trovai al cospetto di Sennet assunsi l’identità del nuovo personaggio e cominciai a passeggiare su e giù, tutto impettito, dondolando il bastoncino, passando e ripassando davanti a lui.”[1]




“Quel modo di vestire mi aiuta ad esprimere la mia concezione dell’uomo medio, dell’uomo comune, la concezione di quasi tutti gli uomini, di me stesso. La bombetta troppo piccola rappresenta lo sforzo accanito per poter apparire dignitoso. I baffi esprimono la vanità. La giacca abbottonata stretta, il bastoncino e tutto il comportamento del vagabondo rivelano di assumere un’aria galante, ardita, disinvolta. Egli cerca di affrontare coraggiosamente il mondo, di andare avanti a forza di bluff: e di questo è consapevole. E ne è così consapevole che riesce a ridere di se stesso e anche a commiserarsi un po’.”[2]


I film realizzati attorno a questo personaggio furono moltissimi, ma soprattutto essi furono pellicole mute, anche quando ormai il sonoro aveva ormai una larga diffusione. 
A tal proposito Charlie Chaplin diceva: 


“Il silenzio è l’essenza del cinema. Nei miei film non parlo mai. Non credo che la voce possa aggiungere alcunché alle mie commedie. Al contrario, distruggerebbe l’illusione che voglio creare, quella di una piccola immagine simbolica buffa, non un personaggio reale, ma un’idea umoristica, un’astrazione comica.” (1929)[3]


 “Il passaggio meccanico dal cinema muto a quello parlato è inammissibile: l’immagine creata dalla rappresentazione di un film muto non è conciliabile con la parola. Per le parole bisogna creare un’immagine diversa.” (1935) [4]

La genialità di Charlie Chaplin è qualcosa di unico, egli era attore, autore, regista e compositore per i suoi film. Le sue pellicole sono forse tra i regali più belli del secolo passato, che ancora oggi fanno riflettere, discutere, pensare. Charlie Chaplin non è stato un divo solo del suo tempo, ma egli ha mantenuto questo status anche dopo la sua morte.
Se volete leggere qualcosa sul personaggio trovate qui sotto una bibliografia di riferimento agli stralci che ho trascritto sopra. Sono tutti libri molto interessanti (che ho utilizzato anche nella mia tesi di laurea triennale ^.^), che meritano di essere letti e riletti!
Spesso il cinema muto viene associato a pellicole noiose con storie vecchie, un buon modo per sfatare questo mito potrebbe essere quello di avvicinarsi ad esso attraverso la figura del vagabondo. In questo modo si è portati a scoprire un mondo veramente unico ed incredibile, dove il cinema era fatto da artigiani che non avevano sfondi verdi o telecamere digitali, che non sapevano cosa fossero la steadicam o il 3D.
Vi lascio un breve video con una delle più belle scene per cui vale la pena ricordare il mitico Charlie.






[1] Charles Chaplin. La mia autobiografia. Trad.it. Mondadori. Milano, 1964, op. cit., p.174.
[2] David Robinson, Charlie Chaplin, la vita e l’arte. Marsilio, Venezia 2005, op. cit., p.119
[3] Cremonini, Giorgio. Charlie Chaplin. Il Castoro. Milano, 2008. Cit p.7.
[4] Cremonini, Giorgio. Charlie Chaplin. Il Castoro. Milano, 2008. Cit p.7

giovedì 27 gennaio 2011

...raccontare per ricordare...

MEMENTO dicevano i latini,  questo verbo dovremmo stamparcelo bene in testa anche oggi nell'era della comunicazione 2.0. Dobbiamo ricordare! Ricordare il passato, quello che è stato, come è stato e cosa ci ha insegnato. HISTORIA MAGISTRA VITAE diceva Cicerone, ma spesso lo dimentichiamo.
Oggi 27 gennaio è la giornata della memoria, non dobbiamo dimenticare la Shoah, non dobbiamo dimenticare questo momento molto triste della nostra storia mondiale. Raccontare per ricordare, aveva detto un anziano signore della mia zona quando parlava della Seconda Guerra Mondiale, sì, perchè è solo attraverso il racconto, attraverso la ripetizione che le cose non vanno dimenticate, che i fatti si ricordano in eterno!
I modi per non dimenicare oggi sono parecchi! Film, libri, foto, interviste, documentari... Quindi..leggiamo, guardiamo, osserviamo...ma soprattutto raccontiamo per ricordare!

Molte informazioni sulla Shoah e un elenco di libri sull'argomento li potere trovare sul sito Lager Nazisti.




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