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giovedì 27 agosto 2015

Il Mercante di Luce di Roberto Vecchioni una recensione


Esiste la prosa poetica ma soprattutto si può parlare di poesia in prosa?
Recentemente mi sono posta questo interrogativo dopo aver cominciato il libro di Roberto Vecchioni, Il mercante di luce edito da Einaudi, storia che è sì scritta in prosa, ma è poesia allo stato puro. Se vogliamo essere più precisi è un poema, è la storia di eroi e umani, di dei e mortali, di coraggio e paure.

La vicenda ruota attorno al ragazzo, Marco, affetto da progeria, una malattia rarissima che praticamente fa invecchiare precocemente il bambino e spesso è difficile che superino i 20 anni d'età. L'invecchiamento è di tipo fisico, ma non mentale. Una vicenda triste, estremamente difficile per dei genitori costretti a vedere il proprio figlio appassire giorno dopo giorno fin dalla più tenera età. 

Roberto Vecchioni, grazie alle sue abilità narrative, riesce a raccontare questa vicenda senza risultare mai estremamente tragico, il padre del bambino, Stefano Quondam, docente di letteratura greca veste il ruolo del mercante di luce. Nonostante il buio della vita in cui riversa il piccolo, egli riesce ad avere e a offrirgli speranza attraverso proprio quei classici greci e latini. Anche se la moglie non apprezza, egli riesce a donare al ragazzo raggi luminosi, attimi di felicità di grande importanza.

"Non importa quanto si vive, ma con quanta luce dentro." recita la scritta sulla copertina. Era il principio degli eroi dell'antica Grecia, meglio una vita breve e gloriosa che una lunga e senza gloria. 
Ma non è semplice convivere con la malattia e spesso subentrano problemi a livello coniugale e personale. Sorgono dubbi, domande, problemi che lacerano la mente e il cuore delle persone. Un epilogo che lascia senza fiato, un inno alla vita che vi lascerà senza parole. 
Non voglio raccontare troppo su questo libro, perché ogni parola potrebbe rovinare la poesia e la leggerezza poetica di Vecchioni. Ma non la leggerezza volgare, è quella leggerezza delle ballerine, che riescono a farti rivivere storie dense, intricate e spesso spaventose restando però sulle punte dei piedi.

Il mercante di luce è sicuramente una lettura da fare, senza paura e senza timore. Non conoscevo la progeria, mi sono documentata su questa malattia e ringrazio Vecchioni che mi ha permesso di conoscere questo mondo.

Se anche voi volete capirne di più, vi consiglio di consultare non solo la cara e asettica pagina di Wikipedia, ma entrate nella questione e conoscete chi ne dà testimonianza diretta. Si tratta di Sammy Basso, un ragazzo italiano affetto da progeria. I suoi genitori hanno fondato la prima associazione Italiana per la progeria, per far conoscere la malattia, come ha chiesto sempre Sammy e per raccogliere i fondi per la ricerca perché per ora esistono solo cure sperimentali. 
Penso che il potere dei libri non sia solo quello di farci evadere dal mondo per trasportarci in luoghi diversi, i libri certo raccontano e lo fanno da quando esistono, ti mettono di fronte il mondo, a volte attraverso storie vere, ma altre volte attraverso storie romanzate che attingono dalla realtà ti presentano vicende che mai avresti immaginato. Possono turbare, ma sta di fatto che essi sono racconti, per quanto possiamo immedesimarci con il protagonista e le sue vicende, non proviamo mai fino in fondo quello che provano loro. Per questo non accetto chi cerca di distanziarsi da questi libri. 

Viviamo in un'epoca in cui alla televisione troviamo violenza gratuita a ogni ora, perché non chiudiamo gli occhi di fronte a quella? Perché non la allontaniamo? Perché continuiamo a fagocitare film violenti? 

Apriamo gli occhi e guardiamo la verità, la quotidianità.

martedì 18 agosto 2015

Gli affari miei!

Ero a Torino. Sì quando ho iniziato questo blog ero a Torino. A Torino ho:
- studiato
- fatto uno stage
- lavorato

Ora sono a Novara per uno stage.
E metà a Forlì per un master.
Con il cuore sempre in Inghilterra, perché un anno fa sono stata a Manchester e ho visto anche York e ho capito che l'Inghilterra avrà sempre su di me un potere rigenerativo senza pari. 
Eccomi a Manchester (sono quella con la maglia rigata bianca e fucsia ovviamente! 

A breve sarò a Milano.
Pendolare.
Per lo stage legato al master.

Non ho mai amato Milano, anzi. L'ho sempre trovata un po' troppo sopra le righe per i miei gusti, troppo...troppo insomma. Irraggiungibile, assurda, caotica, sporca... ma in questo 2015 mi sono un po' ricreduta.

Sarà l'effetto Expo, non so...ma già a fine 2014 in occasione di una gita a Milano con le colleghe torinesi ho avuto modo di vedere quegli scorci che mai avevo scoperto. Posso dire che non avevo mai visitato Milano. Ne sono certa e ancora oggi posso dire che non la conosco. Per esempio: quant'è bella la Darsena? 

Ci sono stata quest'anno per motivi lavorativi legati allo stage, per sopralluoghi e per i colloqui del master. Ho preso la metro da sola, ebbene sì, ho preso l'aereo da sola, la metro di Torino da sola...ma mai, mai la metro di Milano. E la rifuggivo come la peste nera. Caso umano? Non credo di essere l'unica, anzi se anche tu sei come me...scrivimi un commento, così non ci sentiamo soli!

Insomma, dicevo Milano.

Milano, la città dove le idee possono crescere, dice la mia Moleskine edizione limitata per Expo 2015.



Sarà vero?

Non lo so, ma questa Milano quest'anno mi sta perseguitando.

Dovrò fare la pendolare e se il pendolarismo non fa per me sento già puzza di scatoloni e scotch. Ma non voglio pensarci.

Dovrò fare la pendolare e già penso di dover rispolverare il kit di sopravvivenza del pendolare che avevo riposto nell'armadio nel 2009, quando ho decretato chiusa la mia vita da pendolare Borgomanero-Torino.

Lo rispolvererò? 

Ai tempi ero una studentessa. Eastpack imperava
Zaino, tracolla, astuccio, portafogli.

Sono quasi passati 10 anni. Argh! 

Insomma, il kit nel frattempo è defunto.
Zaino: rottamato!
Borsa a tracolla: donata al fratello!
Borsa a spalla: assolutamente scomoda, acquistata solo perché "faceva moda" andare in giro gobbi!

Insomma, non ho un kit!
Ma ci sto lavorando.
Non ci credete?

Dieci anni dopo mi riscopro:
- eticamente impegnata
- dresscodizzata
- businessizzata
- più pratica
- ecologica
- ugualmente scema (dovevo scriverlo prima che qualcuno si prendesse male!)
- autrice di www.unaerredueti.it (pubblicità progresso! Almeno sapete che cosa sto facendo della mia vita!)

E come faccio a mettere insieme tutte queste cose? Non se puede! 
Ma ho riassunto tutto nel: bagaglio 3mendo.
Borsa in pvc riciclato, made in Italy, comoda, pratica, urban, di design (che a Milano è una parola inflazionata quanto gianduiotto a Torino), lavabile...
Riuscirò mai a trovarla?



La capostipite di queste borse è la Freitag: costosa! Molto costosa! E svizzera.
Io voglio una cosa Made in Italy, perché voglio sostenere il nostro bellissimo paese. 
Sono patriottista, devo aggiungerlo alla lista sopra. Oltre che nostalgica e campanilista...

Ci sono anche un sacco di altri brand italiani di borse in pvc simili alla Freitag.

Hukke
GarbageLab
Recycledbag 
RiamaBag

Insomma, la borsa in pvc piace e secondo me sarà apprezzata sempre di più. Scommettiamo?
Intanto la Full Spot ha lanciato la O-Folder, la borsa lavabile e di plastica piace, soprattutto se giri in città e la strusci contro le persone, sui mezzi, per terra...
La borsa di plastica la appoggi ovunque, un po' di sgrassatore e taaac...ripulita! 

Non ci credi?
Provala! 




lunedì 15 giugno 2015

Ever, ever...AFTER! Delle fanfiction e della letteratura.

Io le scrivevo le fanfiction. Ebbene, lo ammetto. In attesa del quinto libro di Harry Potter mi ero iscritta a una specie di forum che si chiamava "Lo scrigno di Silente", avevo inserito ben due ipotetici quinto libro di Harry Potter. Nella prima fanfiction avevo ipotizzato l'esistenza di una figlia di Sirius Black, Alissa docente di Difesa contro le arti oscure a Horwarts, della stessa età di Harry Potter, ma diventata docente perché estremamente geniale e superiore a tutti per intelligenza. Personaggio esagerato e estremamente sopra le righe, ho ritentato con una seconda fanfiction dove Sirius aveva due figlie gemelle: Alissa e Amanda. Ovviamente la prima era a Grifondoro, la seconda a Serpeverde. Insomma, ne ho inventate di ogni e ai tempi avevo anche stampato una copia della prima storia da regalare alla mia migliore amica, così poteva leggerla durante il suo viaggio in Inghilterra.
Queste cose forse potrebbero essere definite: BANALI nel 2015, eppure la settimana scorsa mentre ascoltavo Pinocchio su Radio Deejay (con la Pina e Diego dalle 6...) sono rimasta incuriosita dalla presenza di un'autrice americana, tale Anna Todd, autrice di After, caso editoriale dell'anno e altri bla, bla, bla. 



Caso editoriale dell'anno?
Sentiamo un po' cosa raccontano.
Ebbene, molti di voi sanno già dove voglio andare a finire, altri si staranno chiedendo il perché di questo mio volo pindarico, ma ci sto arrivando. 
After è praticamente il frutto di una fanfiction, una storia scritta sul cellulare mentre l'autrice era in coda alla posta, con tutti gli errori che si possono fare quando si digita su uno smartphone.

Un nuovo stile di scrittura?
Certo le tecnologie ci hanno insegnato a scrivere dove meglio crediamo, ci danno la possibilità di chiacchierare con i nostri amici mentre siamo nei luoghi più disparati della terra o nelle situazioni più imbarazzanti (fanciulle, alzi la mano chi non ha mai messaggiato mentre era dall'estetista a fare la ceretta!), ma il problema è la qualità della scrittura.
Se sono dall'estetista a fare la ceretta al massimo posso parlare di cavolate con l'amica, di certo non mi metto a fare un'analisi della Critica della ragion pura, così come quando sono in Posta al massimo posso appuntarmi qualche scena o magari qualche descrizione di personaggio traendo anche spunto dalla fauna presente intorno a me. 
Scrivere un romanzo mentre si è in coda per pagare la bolletta della luce è davvero complesso, complimenti quindi ad Anna Todd se ci è riuscita. 

Ma avrà riletto prima di postare?
La mia maestra diceva sempre: "Rileggete prima di consegnare!" Anna avrà riletto il suo elaborato?
Dubito. Come puoi rileggere un episodio che scrivi di getto sul cellulare? Non lo rileggi e quindi chiedi, come ha fatto proprio Anna, la clemenza ai tuoi lettori. Scrivo da uno smartphone, sapete che il touch non è proprio il massimo per scrivere papiri. 

Ma questa modernità ci aggrada?
Quando è nata la stampa a caratteri mobili, nel mondo si è generato il disagio. La morte della cultura. Sicuramente la macchina da scrivere non sarà stata accolta con grande entusiasmo e nemmeno i pc all'inizio. Invenzioni nate per semplificare la vita dell'uomo ma che a volte rischiano di far perdere il significato delle cose. 
Sono molti gli scrittori che si sono dotati di Ipad oltre al pc, per scrivere in viaggio, per scrivere in bagno, per scrivere ovunque, eppure il caro e vecchio taccuino, nel mio caso la Moleskine, non può morire. La gioia di scrivere a mano, la bellezza di riempire di lettere un foglio bianco...che cosa vintage. Eppure molti scrittori preferiscono scrivere a mano per insegnare al cervello a rallentare, per fissare meglio le cose. 

Insomma come mi schiero con questa fanfiction?
Prima di tutto ci tengo a precisare che io sono pro fanfiction, perché sono una forma di scrittura carina e secondo me dovrebbero essere utilizzate anche nelle scuole perché se ben fatte, ti obbligano a studiare il personaggio che vuoi utilizzare come protagonista. In quanto fanfiction partono da cose che già esistono e quindi ci si deve mettere nei panni di qualcosa di già pronto, cercando di farlo diventare nostro. Pensate a una fanfiction su Dracula o sui Malavoglia o su Mattia Pascal...che meraviglia sarebbe. 
E invece la Todd ci scrive un fanfiction sul cantante degli One Direction. Carina pure questa come idea, a parte che non è Bono degli U2, ma il problema, il quid che mi blocca è la questione: scritta con il cellulare mentre ero in coda alle poste. Sono vecchia, lo so, ma queste forme di scrittura non mi "aggradano" più di tanto. 
Detto questo, sicuramente mi scaricherò l'estratto su Kindle perché sono curiosa di leggerla. Una volta trasformata in libro la fanfiction è stata epurata dagli errori, quindi non leggeremo cose tipo "pwrché" oppure "premdi ol larre" ecco.

E voi cosa ne pensate delle fanfiction? Leggerete After?
Fatemi sapere! 

sabato 6 giugno 2015

Funny Girl di Nick Hornby



Nick, mio caro Nick, finalmente ho finito il tuo libro, che è stato per me il primo libro dei tuoi. Insomma, il mio battesimo-Hornby è avvenuto con Funny Girl... e che dire di questa esperienza?
Ho sempre sentito pareri molto discordanti su Hornby, in parole povere o lo si odia o lo si ama. Dopo aver letto uno dei suoi libri, non posso assolutamente schierami per una o l'altra posizione, posso però dire che il viaggio è stato parecchio complesso per vari motivi.
Ho iniziato a leggere questo libro a febbraio 2015 e ho raggiunto l'ultima pagina solo nel maggio 2015. Nel frattempo ho iniziato altro, ho terminato altri libri eppure:
- non ho perso il filo del discorso
- non ho mai sentito l'esigenza di dover terminare la lettura
- non ho sentito i personaggi di Nick come "miei amici"
Il discorso da fare su Funny Girl è complesso. Sicuramente la storia è molto interessante, ben scritta, scorrevole, ma manca di qualcosa, quel qualcosa che ti cattura, ti trascina nel libro e che ti fa sentire la necessità, il bisogno di leggerlo tutto d'un fiato.
La storia comincia con un concorso di bellezza al quale sta partecipando la protagonista, Barbara, concorso che lei sta per vincere se non che decide di "abdicare" e lasciare la corona alla seconda arrivata. Barbara non vuole fare la reginetta, come recita il retro copertina: lei vuole far ridere la gente. E Barbara ci riesce, diventando la regina della soap opera inglese, trasferendosi a Londra e coltivando il suo sogno, giorno dopo giorno. Il suo nome viene mutato in Sophie e diventa protagonista con Clive, un bell'imbusto del mondo televisivo, di "Barbara (e Jim)", la storia di una simpatica giovane coppia della middle class britannica.
Hornby attraverso la storia di Barbara-Sophie ripercorre quella che è la storia della televisione britannica negli anni 60, anni del boom economico e delle prime serie televisive. Anni di un Inghilterra bigotta che ritiene l'omossessualità reato, ma nella quale la libertà dei costumi non scandalizza nessuno.
Usi, costumi, modi di essere di un mondo che non esiste e sul quale Hornby si sofferma grazie a diversi personaggi, l'uno completamente diverso dall'altro, dalle mille sfaccettature. Ognuno di questi è descritto con grande attenzione, eppure ho fatto fatica a calarmi nei panni di uno solo di loro. Ho amato i loro dettagli, la sfacciataggine di Barbara-Sophie, la bravura degli sceneggiatori, la dedizione di David, la furbizia di Clive, la semplicità del papà di Barbara.
Ora che sono qui a scriverne, che tiro le redini di questi mesi di lettura più volte interrotti, posso forse azzardarmi a dire che l'intento di Nick non è portare il lettore ad amare un personaggio. Nick racconta la vita vera e nella realtà le persone sono come i suoi personaggi: umani. Ci ricorda che, anche se siamo in un romanzo, non è detto che in un ambiente troviamo qualcuno che ci vada "a genio", dobbiamo alle volte adattarci e cercare di convivere con quello che c'è di umano.
Mi piacerebbe molto poter mettere in relazione Funny Girl con altri libri di Nick Hornby, ma, come anticipato, mi è impossibile. Leggendo le recensioni su Amazon e altri siti mi rendo conto che i suoi fan lo reputano uno dei suoi migliori romanzi. Vi lascio la loro parola, per quanto mi riguarda posso dire di voler assaggiare nuovamente la sua scrittura. Sul comodino mi attende da tempo Non buttiamoci giù, vediamo se questo riuscirà a farmi innamorare dello scrittore inglese.
Per vedere il mondo a 360° vi ricordo che Funny Girl è anche un musical che è divenuto nel 1968 film con la regia di William Wyler, interessante no?

sabato 2 marzo 2013

Upside Down: recensione!

Fin dal momento in cui ho visto il trailer di Upside Down di Juan Solanas mi sono detta: devo vederlo!
L'idea dei mondi paralleli, fisicamente e non nel senso di realtà simili (come accade nel recentemente recensito Multiversum di Leonardo Patrignani), mi attraeva molto. Sono mondi capovolti, con una loro proprietà gravitazionale. Sfere vicine che convivono a discapito però l'una dell'altra. Infatti il Mondo di Sopra è ricco, benestante, mentre il Mondo di Sotto verte in stato di povertà, i suoi colori sono spenti e mettono bene in luce (forse fin troppo) le differenze con l'altro mondo, che sembra molto simile al nostro. Inoltre il Mondo di Sopra sfrutta le risorse del Mondo di Sotto e addirittura usa i suoi abitanti come cavie. A congiungere questi due mondi c'è una torre, la Mondo di Mezzo, un'industria che si occupa di ricerca in vari campi, all'interno di questa lavorano persone che provengono da entrambi i mondi, ma ovviamente chi proviene dal mondo di Sotto gira con il camice azzurro tipico degli operai o comunque dei tecnici, mentre chi proviene dal mondo di Sopra è ben vestito, gira in giacca e cravatta.
Tre regole fondamentali assicurano la permanenza degli abitanti nel mondo in cui nascono:

1) Tutta la materia è attratta dal centro di gravità del pianeta da cui proviene, non l'altro.
2) In virtù della prima regola, il peso di un oggetto può essere controbilanciato con la materia del mondo opposto ("materia inversa").
3) Dopo un variabile, ma solitamente breve, lasso di tempo, la materia a contatto con quella inversa dà origine alla combustione.
Ovviamente le cose sono destinate a cambiare grazie a due giovani: Adam ed Eden. Due nomi...un perché!
Adam (Jim Sturgess) appartiene al Mondo di Sotto, mentre Eden (Kirsten Dunst) a quello di Sopra, si conoscono per caso, mentre sono sul monte Salvia (ognuno del proprio mondo) iniziano a parlarsi e si innamorano, trovano un modo per incontrarsi e stare insieme, ma sempre facendo attenzione alla gravità. Il loro amore però è destinato a interrompersi, l'esercito li separerà facendo tornare Eden nel suo mondo, facendola quindi precipitare dal Mondo di Sotto a quello di Sopra. La ragazza picchierà la testa e avrà una forte amnesia che la porterà a dimenticare Adam.
Adam non si abbatte, dopo anni scopre che Eden è viva. Si fa assumere alla Mondo di Mezzo per studiare una magica crema antirughe a base di miele delle api rosa (le uniche in grado di vivere in entrambi i mondi) e inizia a cercarla. 
Un film con una trama molto interessante e piuttosto complessa, che onestamente pensavo fosse stata tratta da qualche romanzo o racconto di fantascienza. Non ha avuto un grande successo, eppure, nonostante il finale che forse meritava due o tre spiegazioni in più, è un film che merita di essere visto.
Certo, alcuni punti sono un po' ovvi, prendiamo ad esempio i nomi dei ragazzi: Adam porta il nome del primo uomo, infatti per quando ne sappiamo noi egli è il primo uomo del Mondo di Sotto ad andare nel Mondo di Sopra senza di fatto venire ucciso. E' anche una specie di Prometeo che "ruba il fuoco agli dei" nel senso che sfrutta la sua invenzione per conoscere Eden e per trovare un modo per rimanere nel Mondo di Sopra.
Eden poi ricorda il nome del paradiso terrestre e ovviamente una che porta questo nome deve per forza di cose stare insieme a un ragazzo che si chiami Adam. A parte questo, è molto interessante la questione di annientamento delle due gravità, che diventa una questione matematica della serie meno per meno dà più. Infatti dalla fusione dei due campi gravitazionali ne esce un terzo che permette agli individui di andare da un mondo all'altro senza correre rischi. Onestamente mi sono persa la questione legata alla terza regola, ovvero la combustione. A quanto sembra devono averla risolta, ma questo punto non mi è molto chiaro. 
Le scene sono costruite con molta attenzione e nel momento in cui Adam passa da una gravità all'altra vengono messe in discussione tutte le problematiche che si hanno quando si sta a testa in giù (a parte il sangue alla testa...ma è un film, quindi non poniamoci troppe domande.), addirittura lo vediamo che fa pipì nel mondo di Sopra e vediamo chiaramente che il liquido va verso il soffitto e non verso lo scarico.
Ci sono poi delle chicche, tipo il "Sottosopra" cocktail che Eden beve in un bicchiere appunto rivolto sottosopra nella sua gravità, quindi a favore del Mondo di Sotto. Due parole infine su Timothy Spall, che diventa in questo film aiutante di Adam, con il nome di Bob: vista la sua partecipazione in Harry Potter nel ruolo dell'odioso e antipatico Minus, temevo fosse cattivo, fortunatamente non è così!
Concludendo, Upside Down è un film molto interessante, che merita di essere visto soprattutto se siete amanti della fantascienza. Probabilmente alcune cose non sono realizzate al meglio, soprattutto alcuni effetti speciali lasciano un po' desiderare, ma credo sia principalmente una questione legata al budget. Chiudete un occhio e provate comunque a guardarlo. Poi fatemi sapere!
Buona visione!



lunedì 21 gennaio 2013

Il tuttomio di Andrea Camilleri: recensione!

Il tuttomio è il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, il protagonista non è il ben noto commissario Montalbano, ma una giovane donna: Arianna.
Non avendo fatto precedentemente una scheda del libro, prima di proseguire nella recensione, è bene dargli un'occhiata, soprattutto perché si tratta di un libro un po'...diverso dai soliti libri "montalbanici". 

TRAMA
Arianna ha trentatré anni, ma il suo temperamento è deliziosamente infantile. Quando Giulio la incontra è conquistato da questa creatura smarrita, selvatica come una bimba abbandonata eppure bellissima e sensuale. Arianna entra nella sua vita con una naturalezza che lo strega e dal giorno in cui la sposa Giulio cerca di restituirle la luce che lei gli ha portato offrendole tutto ciò che potrebbe desiderare: anche quello che lui, a causa di un grave incidente, non può più darle.
Così nella loro routine entrano a far parte gli appuntamenti del giovedì, organizzati da Giulio in persona: in un pied-à-terre o in una cabina sulla spiaggia gli uomini destinati a incontrare Arianna sono tenuti a rispettare poche regole inviolabili. Nella vita di questa coppia non ci sono segreti.
Ogni tanto però Giulio è colto dalla consapevolezza che qualcosa gli sfugge: "Tu non mi hai detto tutto di te" le sussurra mentre non riesce a fare a meno di viziarla. Di segreti Arianna ne ha molti, e brucianti, ma quello che custodisce più gelosamente è il "tuttomio": una tana tutta sua, ricavata in un angolo del solaio. I giochi di Arianna e Giulio sono troppo torbidi e coinvolgenti per non farsi, con il passare del tempo, pericolosi...
Che dire?
La prima cosa che colpisce di questo libro è sicuramente il numero di pagine: soltanto 140 che lo fanno assomigliare più a un racconto lungo che a un romanzo breve. Il tuttomio racconta appunto la storia di Arianna e del marito Giulio, del loro amore intriso da perversioni e omicidi. Una storia dalle tinte noir che trae ispirazione dalla vicenda dei marchesi Casati Stampa e da diversi libri della letteratura internazionale: Santuario di William Faulkner e L'amante di Lady Chatterley di David Herbert Lawrence. Non mancano poi i riferimenti mitologici ad Arianna, il labirinto, il Minotauro. Una storia di amore e morte che può essere letta a diversi livelli.
Non è il solito librettino che sfrutta l'eros e il sesso per vendere, non è Cinquanta Sfumature di Grigio e sue declinazioni, Il tuttomio è un viaggio, un'esperienza, abbiamo una protagonista femminile che è ancora una bambina, fa la pipì a letto. Il marito è un eunuco che paga gli amanti della moglie per farla divertire, non potendo egli stesso soddisfarla sessualmente. Eppure Arianna non è solo questo, la sua vita è costituita da diversi amanti e diversi omicidi, stupri subiti dal compagno della nonna. Potrebbe essere paragonata a una prostituta d'alto bordo, potrebbe essere letto come il riscatto verso un altro personaggio della realtà, poi traslato nella finzione, Jack lo Squartatore, l'uomo che uccideva le prostitute.
Questa volta è una donna Arianna a uccidere i suoi uomini, come una mantide religiosa però più tollerante, li elimina quando le cose stanno degenerando e loro le fanno del male, obbligandola ad avere altri rapporti oppure abbandonandola. 
La psicologia di questo personaggio è spaventosa, ma estremamente affascinante e lascia il lettore sconvolto. Ci si rende conto che è una bimba non solo perché appunto fa pipì nel letto, ma lo è nei suoi atteggiamenti nei confronti degli uomini. La sua sessualità, il suo essere emancipata nascondono in realtà un forte infantilismo, una grande incapacità nel gestire i rapporti e le relazioni. Arianna è una materialista, una che sfrutta gli uomini, appoggiata dal marito Giulio, per sentirsi appagata. Ossessionata dal suo corpo, trova evidentemente conferma nell'essere amata e desiderata dagli esponenti del sesso opposto.
Ma cos'è il "tuttomio"?
Il tuttomio è un luogo, un punto nascosto della casa di Arianna, protetto da una testa di vacca, il luogo dove vivono i suoi amici immaginari, dove lei si rifugia e dove le cose possono avere fine. Vanni morirà lì dentro e anche il giovane Mario deciderà di togliersi la vita proprio mentre è prigioniero del tuttomio.


martedì 8 gennaio 2013

Le campane di Charles Dickens: recensione!

Sono commossa, sono finalmente riuscita a leggere Le campane di Charles Dickens, un libro che ho iniziato praticamente ogni anno sotto le feste di Natale e che non ho mai finito!
In realtà l'ho terminato ieri, 7 gennaio, quindi le feste di Natale erano concluse, ma sono ugualmente contenta perché non è una storia Natalizia, quanto di Capodanno, quindi una lettura adatta ai primi giorni dell'anno.
Le campane racconta la storia di Toby Veck e di sua figlia Meg, lui è un fattorino mentre Meg è una giovane donna, innamorata di Richard. I due giovani vorrebbero sposarsi a Capodanno, ma le opinioni della gente non appoggiano questo matrimonio perché i due ragazzi meriterebbero di crescere ancora un po' prima di scegliere con chi condividere il resto della loro vita. 
A fare da cornice in questo racconto di Dickens è il campanile, con le sue campane, Toby sente le loro voci, viene chiamato da queste, tanto che una notte gli sussurrano che la porta del campanile è aperta, quindi corre a chiuderla ed è proprio in questo momento che ha origine il suo viaggio.
Toby si ritrova in preda ai folletti della campane, spiritelli che lo portano a conoscere il futuro, la storia della sua amata Meg che, rimandato il matrimonio con Richard, si ritrova povera e sola, triste, sempre al lavoro per mantenersi. Lui è morto, quindi la figlia deve provvedere da sola al suo sostentamento.
Una storia triste con uno scopo didascalico che ricorda il più celebre Canto di Natale, i folletti sono paragonabili allo spirito dei Natali futuri e Toby non è propriamente come Mr Scrooge, ma occupa la stessa posizione, è colui che deve rivedere i suoi ideali per vivere il nuovo anno in modo migliore rispetto a quello passato. 
Credo che Le campane sia un racconto molto interessante, da leggere dopo il Canto di Natale e da regalare a chi si vuole bene proprio come augurio per il nuovo anno che sta per nascere. E' meraviglioso il modo attraverso il quale Dickens racconta della venuta dell'anno nuovo, come la gente lo attende, quali siano i rimorsi, le speranze, storie dell'800, ma che hanno un'attualità che in alcuni punti è disarmante. 
Una cosa che mi ha colpito è il modo in cui Dickens ci descrive i folletti delle campane, come parlano, come si presentano, come se lui stesso li avesse visti. Dickens aveva vissuto nel periodo della fantasmagoria, della lanterna magica, era appassionato di fantasmi e tutto questo si riversa nei suoi racconti donando loro un forte senso di realismo.
Penso sia chiaro che questo libro mi è piaciuto davvero molto, certo, è un'opera datata, che potrebbe presentare dei problemi a livello di lettura, perché non ha quella dinamicità tipica dei contemporanei, ma è comunque leggibile, il lessico è semplice e la stesura è lineare. 
Credo sia un bel libro da regalare per Natale, davvero! Me lo devo segnare!

Vi saluto con le ultime righe di questo libro, perché possano essere un augurio per il 2013 appena nato: 

"Possa dunque il nuovo anno essere felice per te 
e per tutti quelli la cui felicità dipende da te! 
Possa dunque ogni anno essere più felice del precedente 
e anche il più piccolo dei nostri fratelli 
e delle nostre sorelle 
possa godere della giusta parte 
di quel che il creatore gli ha destinato."

VOTO:



giovedì 27 dicembre 2012

Il bambino con il pigiama a righe: recensione!


Parlare di un film come Il bambino con il pigiama a righe è tutt'altro che semplice. Non mi viene naturale dire se sia bello o brutto, è un film da vedere che difficilmente vorrete riguardare.
Ambientato in Germania durante la Shoah, i suoi due piccoli protagonisti sono un bimbo di razza ariana, Bruno, e un bimbo ebreo, Shmuel, i due s'incontrano lungo la linea di recinzione del campo di concentramento, costruiscono giorno dopo giorno la loro amicizia, dimostrando che ebrei ed ariani possono convivere pacificamente senza problemi. Eppure per gli adulti questa amicizia sembra impensabile, gli ebrei devono essere sterminati, come dice Hitler e anche i bambini devono essere al corrente e iniziare a denigrare gli ebrei fin da piccoli.
Un film duro, molto toccante e sconvolgente che fa vivere la realtà dei campi con gli occhi dei bambini, dai documentari che raccontano i campi come luoghi di svago e vacanza, fino alla triste realtà delle camere a gas, delle ciminiere che separano le famiglie e le distruggono.
Vorrei evitare di raccontare il finale, ma proprio a partire da questo nasce la riflessione che davvero colpisce lo spettatore. Bruno raggiunge l'amico all'interno del campo per aiutarlo a cercare il padre, durante quest'avventura vengono trasportati nella camera a gas insieme agli altri uomini della baracca. Nonostante il padre, generale dell'esercito, accorra per salvare il figlio, non arriverà in tempo. Bruno muore come l'amico ebreo. Non c'è differenza tra loro. La macchina infernale si macchia erroneamente di sangue ariano. Il finale è straziante, si spera fino all'ultimo che il bambino possa salvarsi, ma purtroppo non sarà così.
Credo che Il bambino con il pigiama a righe meriti di essere visto, può diventare un ottimo mezzo di riflessione e disquisizione sulla Shoah. 
Tutte le volte che leggo libri, vedo film, visito luoghi che hanno a che fare con il genocidio ebraico, mi domando come possa certa gente negare! Trovo sia assurdo! Ma soprattutto perché inventarsi una cosa del genere? Se davvero fosse finta, perché la mente umana dovrebbe immaginari una sterminazione?
Vorrei sapere sulla base di cosa questa gente parla.
Detto questo, non vi consiglio di vederlo per la sua bellezza, ma deve essere visto per non dimenticare, per ricordare e raccontare.

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