giovedì 7 giugno 2012

Manhattan Transfer di John Dos Passos: recensione!

Finalmente arriva in Italia in versione integrale Manhattan Transfer di John Dos Passos, autore della celeberrima generazione perduta, noto per il suo spirito anarchico, era stato parzialmente censurato in Italia dalla cultura Fascista, strano eh?

Manhattan Transfer narra le storie di vite, vite che sono inserite nella grande metropoli New York, la metropoli dalla fine del secolo all'età del Jazz di cui era cantore il ben noto Fitzgerald, che torna in ogni pagina di Dos Passos, regalandoci scenari unici che lo stesso Hemingway aveva apprezzato dicendo che Dos Passos aveva descritto molto bene e con grande attenzione New York, tanto che anche gli Europei potevano capire come fosse questa città così tremendamente affascinante. 

La struttura di questo libro presenta lo stile della narrazione molteplice e, da quanto ho capito, dovrebbe essere uno dei primi tentativi della letteratura, che, legato logicamente allo stile dell'epoca, ci permette però di capire perfettamente come si svolgevano le vite delle persone nella grande e sterminata New York, in un periodo fatto di alcol, gangster, malavita e violenza. E' come se Dos Passos vi prendesse per mano e vi portasse in giro per la città a conoscere gente, luoghi, stili di vita, hobby dell'epoca, mantenendo però sempre fisso uno sguardo verso la storia con la S maiuscola, dai poveri ai ricchi, senza distinzioni, perché New York, una delle città più popolose della terra, accoglie tutti indifferentemente. 
Ogni capitolo è introdotto da un cappello introduttivo che racconta aspetti e luoghi della città, è completamente slegato dalla restante narrazione, ma ci regala dei quadri di ulteriori momenti di vita della città, come se fossero delle foto.
Indiscussa protagonista dell'intero romanzo in mezzo a questo valzer di vite rimane sempre lei: New York.
Il libro è molto corposo, un bel romanzo di 384 pagine, scritte molto fitte, ma che coinvolge facilmente il lettore grazie alla dinamicità dei dialoghi e delle vicende. Io a New York non ci sono mai stata né tantomeno l'ho conosciuta negli anni dell'età del Jazz, ma appoggio completamente l'affermazione di Hemingway perché trovo molti riscontri dei film dell'epoca. So che molti di voi diranno: "Ah capirai quanto può essere credibile e veritiero un film!" Beh, se non vi fidate, fate una full immersion nei film degli anni 30 e poi ne riparliamo. 

Spero abbiate notato che finalmente la città protagonista delle mie letture non è più Londra, per una volta, ma non preoccupatevi, non sono ancora diventata una fan di New York, è stato un caso che ho apprezzato molto e che vi consiglio. 

VOTO


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