martedì 6 settembre 2011

Storia della mia gente

La settimana passata è stata un pullulare di letture, tutti romanzi brevi, certo, però tutti degni di nota e tutti di generi alquanto differenti. 
Il primo che ho divorato è stato Accabadora di Michela Murgia, di cui vi ho già parlato in un post precedente, a quello è seguito Storia della mia gente, di Edoardo Nesi e poi Boy di Roald Dahl.
In questo post darò spazio a Nesi e prossimamente al caro Roald.
Storia della mia gente non è un romanzo simpatico dal punto di vista dei contenuti, è una storia nuda e cruda dell'Italia tessile, di quell'Italia che nel giro di pochi anni ha perso tutto quello che i suoi nonni avevano costruito, quell'Italia che, a causa di scelte politiche errate, come spiega Nesi nel suo libro, è stata costretta a lasciarsi invadere dal mercato cinese che si è espanso in maniera tale da distruggere moltre industrie italiane.
Il settore tessile, di cui Nesi è nipote e figlio, è stato uno dei primi ad essere colpito da questa crisi, ma è un settore che purtroppo è sempre stato sottovalutato, è colui che crea il tessuto, la stoffa che andrà poi consegnata ai sarti che la disegneranno, la taglieranno e la faranno diventare capi di abbigliamento che verrano poi marchiati con i nomi del grande Made in Italy italiano. Un tempo era così, oggi sono sempre più gli imprenditori che investono oltreoceano o nell'est europeo e oltre pur di ridurre i costi della produzione, sfruttando a volte gli operai facendoli lavorare in condizioni precarie e con orari massacranti, pagandoli una miseria per produrre capi che magari costeranno quanto il loro stipendio di una vita intera.
Questo è diventato il settore tessile da qalche anno, non è tutto così, per carità, ma leggendo Edoardo Nesi ci rendiamo conto che il suo è un viaggio, è la storia di come la sua gente da protagonista è diventata spettatrice di un mercato che si è espanso altrove oppure è rimasto nelle mani di pochi, pochissimi. Quei telai che avevano risollevato Prato dopo la Seconda Guerra mondiale oggi non risollevano più nessuno, sono rottami abbandonati in fabbriche chiuse oppure messi in moto da mani diverse, da gente che parla lingue diverse.
Nessuno viene risparmiato in questo libro di denuncia, una parola è spesa anche a sfavore degli stilisti che tiravano il prezzo dei tessuti per poi rivenderli sotto forma di cappotti a quattro volte il valore effettivo.
Un libro, ripeto, duro che non si limita ad urlare contro chi ha visto e non ha fatto nulla, un libro però che prende in considerazione anche gli operai, non solo gli imprenditori, un libro che trasuda amore per Prato, per i Pratesi, ma amore per la nostra cara e vecchia Italia, patria tanto amata quanto odiata da molti. Un libro che guarda caso vince il premio Strega in un periodo di crisi, nell'anno dei 150 anni. 
All'inizio pensavo di non leggerlo perchè temevo fosse troppo saggistico, invece è importante leggerlo perchè fa riflettere, ci fa pensare, ricorda quello che eravamo e che non possiamo più essere.
Leggetelo e quando leggerete sulle etichette delle grandi marche "Made in China" vi arrabbierete ancora di più!

Nessun commento:

Posta un commento

Se hai piacere, lascia un segno del tuo passaggio su Life in Technicolor! Grazie in anticipo!

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...