mercoledì 14 novembre 2012

Cesare deve morire: recensione!

Quando era uscito al cinema non ero riuscita a vederlo, abitavo ancora a Torino e c'era la possibilità di vedere il film e poi di assistere al dibattito con i fratelli Taviani, ora che l'ho visto posso dire che mi mangio davvero le mani all'idea di essermelo perso.
Cesare deve morire dei fratelli Taviani è una di quelle pellicole che ti fa dire: sono orgoglioso di essere italiano! È un gioiello, una perla rara nel marasma delle pellicole italiane, un prodotto da guardare e riguardare, da mostrare ai ragazzi e su cui riflettere.
Narra il backstage della messa in scena dello spettacolo tratto dalla tragedia di Shakespeare: Giulio Cesare, ma questo spettacolo non sarà messo in scena in un teatro qualsiasi, si tratta di un carcere, Rebibbia, gli attori sono carcerati. Ci sono narcotrafficanti, assassini, ladri che tutti insieme guidati dal maestro di teatro mettono in scena questa tragedia.
Non mancano ovviamente le riflessioni che possono nascere da un film girato in carcere e da uno spettacolo che mette in scena un tradimento, delle alleanze degne dei clan della malavita e di un assassinio. La profondità con la quale questi detenuti interpretano i personaggi, la professionalità che hanno nel dare voce a ognuno di loro (rigorosamente nel dialetto del proprio paese) è davvero molto toccante.
L'arte diventa per loro un momento di libertà, un'ora d'aria, un modo per andare oltre quelle mura della prigione. Si può essere d'accordo o meno su questi laboratori, questi svaghi che vengono concessi ai detenuti nelle carceri, non voglio schierarmi né a favore, né contro, sono sicuramente mezzi di espressione interessanti e anche sistemi, se vogliamo, catartici, perché attraverso Cesare e Bruto i detenuti rivivono momenti della loro vita, ripercorrono vere e proprie frasi dette dai loro amici, come accadrà proprio al detenuto che interpreta Bruto.
Non mancano ovviamente gli screzi tra loro, scontri inevitabili che nascono tra carcerati, regolazioni di conti che già esistevano prima ancora di essere rinchiusi, o nati proprio all'interno di quelle mura.
Oltre alla messa in scena dello spettacolo, i Taviani scelgono di mostrare tutto il lavoro che fanno i singoli mentre studiano il copione e sono nelle loro celle, alla sera, quando fissano il soffitto, ci fanno sentire i loro pensieri e un carcerato ricorda che chi dorme sul letto più alto, quel soffitto lo vede ancora più vicino. 
Mi è venuto in mente il libro Lo straniero di Albert Camus, il quale, rinchiuso nel carcere sottolinea proprio quanto tempo trascorra un detenuto a fissare il soffitto. So che la citazione potrebbe sembrare un po' campata in aria, ma i capitoli finali riflettono molto sulla questione: "Vita in carcere". Sfortunatamente non ho una copia del libro per verificare perché lo avevo preso in prestito dalla biblioteca...altrimenti avrei inerito volentieri la citazione.
Consiglio davvero di vedere questa pellicola perché merita, non mi stupisco che sia stata scelta per rappresentare l'Italia agli Oscar.
Prima di chiudere vi lascio con una frase che fa davvero riflettere molto, viene pronunciata dall'attore-detenuto che interpreta Cassio: "Da quando ho conosciuto l'arte, questa cella è diventata una prigione."

P.S. Questo film ha vinto l'Orso d'Oro a Berlino e concorrerà per le nominations agli Oscar come miglior film straniero. Speriamo in bene!


VOTO:


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