Ho finalmente terminato di leggere L'età lirica di Letizia Pezzali ed. Dalai, ero molto incuriosita da questo libro, ma onestamente mi ero immaginata non tanto ben altri argomenti o ben altre scelte a livello di storia, quanto uno stile completamente diverso.
Mi spiego meglio.
Lo stile di Letizia Pezzali è sicuramente raro, se non addirittura innovativo nel panorama letterario. Il suo punto di forza è questa struttura che ad un primo impatto visivo sembra completamente priva di dialoghi, di fatto poi leggendolo ci si rende conto che i dialoghi ci sono, solo che vengono inseriti nel testo senza la canonica punteggiatura che tutti noi abbiamo imparato alle elementari. Ora, se questo da alcuni può essere giudicato positivamente, secondo la mia opinione crea nel lettore, o per lo meno crea in me, un senso di straniamento. E' come leggere una storia da dentro una bolla, senza mai entrare in mezzo agli eventi. E' difficile appassionarsi al protagonista Mario e alla sua vicenda, non si riescono a percepire i suoi sentimenti. Dalle righe mi sembra che sia fortemente presente un senso di caducità, di morte, di apatia...un senso di distacco come se la mente non seguisse il corpo e viceversa. Forse queste sensazioni possono essere connesse con la storia che racconta una vicenda non di certo banale. Mario, il protagonista, è di fatto alla ricerca di se stesso, sta per affacciarsi nell'età adulta ma ancora deve scoprire la sua reale sessualità.
Una storia di certo non semplice per un esordiente, narrata in modo molto bilanciato, quasi matematico, infatti lo svelamento della sessualità avviene quasi a metà libro, lasciando il lettore neanche poi tanto sconvolto, o almeno io non lo ero.
Nel finale quando [spoiler!!!] il ragazzo che Mario "ama" (dopo vi spiego il perché delle virgolette), Adriàn, ha un incidente e muore. Tutto è narrato in modo così freddo, privo di sentimenti, tanto che sembra che i protagonisti debbano sentirsi in colpa per ogni loro azione.
Ho scelto di racchiudere tra virgolette la parola "ama" perché è un concetto complesso da attribuire a Mario, il quale sembra soltanto interessato ad avere rapporti fisici con Adriàn, incentivando ulteriormente la freddezza dei sentimenti e la loro parziale assenza.
Adriàn è chiamato "il ragazzo di cenere", ma è come se tutti questi personaggi fossero fatti di cenere, impalpabili e apatici.
Adriàn è chiamato "il ragazzo di cenere", ma è come se tutti questi personaggi fossero fatti di cenere, impalpabili e apatici.
Molto probabilmente non ho capito la storia, forse ho letto questo libro in un momento sbagliato. Di certo non ci troviamo di fronte ad una lettura di evasione, è una riflessione molto densa, un processo di svelamento doloroso che di fatto non termina nemmeno con il finale. E' una ricerca continua verso mete che il protagonista non vede, ma non immagina nemmeno.
Mi è piaciuta molto una frase inserita in questo libro: "Chi sogna di giorno conosce molte cose che sfuggono a chi sogna di notte". Non è di Letizia Pezzali, ma di Edgar Allan Poe, scrittore citato diverse volte nel libro grazie ai suoi Racconti del terrore che diventano oggetto di scambio tra i ragazzi del libro.
VOTO
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